L’attività florovivaistica è sempre stata un’attività agricola di “frontiera” che ha trovato una sua stabile collocazione a seguito della revisione dell’articolo 2135 del Codice civile con cui è stata ridefinita la figura dell’imprenditore agricolo.
In particolare, al corretto inquadramento di queste attività giova la nuova definizione offerta dalla norma nella parte in cui include le “attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo […]”.
Non è quindi necessario che l’attività florovivaistica esegua una fase completa della produzione, potendo rientrare nel novero di attività agricola la sola effettuazione di una fase del ciclo biologico e non essendo indispensabile l’utilizzo del fondo.
Nel documento l’Agenzia riassume alcune delle tematiche affrontate nei documenti di prassi, nelle FAQ pubblicate sul sito web.
La specializzazione nella cura delle piante
Il settore si caratterizza da un’elevata competitività e dalla conseguente necessità di specializzarsi nella produzione, trasformazione e manipolazione di determinate piante. Il livello di specializzazione è talmente elevato che è assai frequente che un florovivaista, per determinate piante, curi solo una delle fasi del ciclo biologico. Ma in taluni casi l’attività dell’imprenditore florovivaista è talmente specifica e repentina che non determina la gestione nemmeno di una fase deli ciclo biologico.
Anche per queste specifiche attività viene in soccorso la nuova formulazione dell’art. 2135 che, al terzo comma, recita: “Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco […]”.
Pertanto, rientrano tra le attività agricole connesse quelle strumentali ed accessorie all’attività agricola principale, purché siano rispettati i seguenti requisiti:
- requisito soggettivo. Le attività in questione devono essere esercitate dallo stesso soggetto che esercita le attività agricole principali.
- requisito oggettivo. L'attività potenzialmente connessa deve avere coerenza interna rispetto all'attività agricola principale.
- requisito prevalenza. i prodotti oggetto di trasformazione e manipolazione devono essere ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali.
Tali concetti sono stati ripresi dal legislatore fiscale che ne ha indicato i confini affinché tali attività possano beneficiare dello stesso regime di imposizione “catastale” riservato alle altre attività di coltivazione. Tale confine è stato espresso dalla lettera c), 3° comma dell’art. 32 che, infatti, ricomprende “le attività di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché' non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, con riferimento ai beni individuati, ogni due anni e tenuto conto dei criteri di cui al comma 1, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali.”
In sostanza, così come indicato anche nella circolare 44/E del 2004, la rivendita di prodotti agricoli acquistati da terzi, quando ricompresi nel D.M. 13/02/2015, fa sì che se detti prodotti siano oggetto di attività di trasformazione o manipolazione e rispettino il requisito della prevalenza, possano essere ricondotti ad un’attività agricola “connessa” e come tale beneficiare delle normative e delle agevolazioni che caratterizzano il settore dell’agricoltura.
La definizione di trasformazione e manipolazione applicata al florovivaismo
Le attività di manipolazione e trasformazione che intercorrono tra il momento in cui viene acquistata una pianta da terzi ed il momento in cui la stessa viene rivenduta al cliente, sono attività fondamentali per poter inquadrare i ricavi delle vendite nel reddito agrario.
Per il settore del florovivaismo, disposizioni specifiche sul concetto di manipolazione e trasformazione sono state fornite dall’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione 11/E/2018 in cui sono stati ripresi i concetti già espressi nella consulenza giuridica protocollo 95472/2014.
Con tale documento l’Amministrazione finanziaria ha ricompreso nel concetto di “manipolazione” applicabile alle piante le seguenti attività:
- concimazione;
- inserimento all’interno del terriccio di retentori idrici al fine di garantire la shelf-life del prodotto, sia durante il trasporto che durante la fase di permanenza delle stesse presso il cliente;
- trattamento delle zolle, al fine di eliminare gli insetti nocivi all’apparato radicale;
- potatura;
- steccatura;
- rinvasatura.
Pertanto, i redditi derivanti dalla rivendita di piante fatte oggetto delle suddette operazioni, purché sia rispettato il principio della prevalenza dei prodotti propri, sono attratti ed assorbiti dal reddito agrario.
Le attività di verifica sulle piante acquistate
Le verifiche nei confronti degli operatori di questo settore sono quindi mirate anche al riscontro dell’effettivo svolgimento delle attività di manipolazione delle piante acquistate da terzi. Si tratta di un compito complesso a cui comunque i verificatori non si sottraggono, dato che in genere la materia imponibile di tali operazioni è significativa e, un eventuale disconoscimento dell’attività agricola, determina il recupero a tassazione di somme considerevoli, senza contare le possibili conseguenze indirette in capo all’agricoltore (decadenza della qualifica di IAP, disapplicazione del regime speciale IVA, sgravi, autorizzazioni, ecc.).
Un elemento attenzionato dai verificatori è quello del tempo di permanenza in azienda della pianta, dato dal confronto della data di acquisto con quella di vendita. Se il tempo risulta estremamente breve si presume che non siano state svolte attività di manipolazione ma che il vegetale sia stato rivenduto tal quale.
La discriminante del fattore “tempo” è stata recentemente individuata anche dalla Commissione Tributaria Provinciale di Pistoia (Sentenza 72/2018) la quale ha sostenuto che “nel caso in cui tra l’acquisto e la rivendita dei prodotti intercorra un lasso di tempo brevissimo si debba presumere la commercializzazione dei prodotti stessi e con ciò l’Ufficio abbia assolto il proprio onere probatorio, spettando in tal caso al contribuente di fornire la prova contraria, ossia di avere effettivamente svolto attività di manipolazione o trasformazione del prodotto prima della rivendita, prova che può esser data anche per presunzioni, purché connotate dai requisiti di gravità, precisione e concordanza.”
Le buone pratiche
Anche se in linea di massima compete ai verificatori dimostrare che le piante acquistate e rivendute non abbiano subito alcuna delle attività elencate nella Risoluzione 11/E, sarebbe buona norma che anche l’imprenditore agricolo florovivaista si adoperasse per rendere agevole la verifica di tali operazioni. Ciò potrebbe avvenire attraverso la predisposizione di un sistema che integri tra loro:
- la tenuta di una contabilità chiara e precisa;
- la definizione di processi dettagliati delle varie fasi lavorative;
- la definizione di risorse (mezzi e persone) dedicate alle varie fasi di manipolazione;
- il monitoraggio e la documentazione di ogni fase manipolativa attraverso la produzione di video o fotografie.
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