L’art. 1, comma 700, della Legge n. 145/2018 (c.d. Legge di Bilancio 2019) ha attribuito agli imprenditori agricoli, singoli o associati e purché iscritti nel Registro delle Imprese, la facoltà di vendere in tutto il territorio nazionale non solo i prodotti agricoli ed alimentari della propria azienda, ma anche quelli acquistati da altri produttori agricoli.
Si precisa, al riguardo che, nella definizione di prodotti agricoli o alimentari provenienti dalla propria azienda, sono ricompresi anche quelli derivati, ossia, i prodotti che sono stati ottenuti dall’attività di manipolazione o di trasformazione dei prodotti primari, purché gli stessi siano finalizzati al completo sfruttamento del ciclo produttivo dell’impresa.
Per beneficiare delle semplificazioni previste dall’art. 4 del D.Lgs. n. 228/2001 in tema di vendita diretta, è necessario che il fatturato, derivante dalla vendita dei prodotti agricoli ed alimentari che provengono dalla propria azienda agricola, sia superiore a quello derivante dai prodotti acquistati da altri imprenditori agricoli.
L’attività di vendita diretta da parte dell’imprenditore agricolo deve pertanto soddisfare contemporaneamente due diversi requisiti:
- l’attività di vendita diretta dev’essere esercitata dal medesimo soggetto che svolge l’attività agricola principale di coltivazione del fondo, di allevamento di animali o di selvicoltura ex art. 2135 c.c. (requisito soggettivo);
- deve essere rispettata la prevalenza dei prodotti agricoli e alimentari provenienti dalla propria azienda agricola rispetto a quelli acquistati da altri imprenditori agricoli (requisito oggettivo). Inoltre, i ricavi relativi alla vendita dei prodotti provenienti da altri imprenditori agricoli non devono aver superato, nell’anno solare precedente, l’importo di 160.000 euro per le imprese individuali e di 4.000.000 di euro per le società.
Qualora non venga dimostrata la sussistenza di entrambi i requisiti sopra descritti, si rientra, al contrario, all’interno della normale attività di commercializzazione. Le conseguenze non sono di poco conto, dal momento che, in quest’ultimo caso, per poter svolgere l'attività di vendita, occorre ottenere le relative autorizzazioni comunali e presentare la segnalazione certificata di inizio attività, che, per l’attività agricola, viene invece sostituita da una mera comunicazione da inoltrarsi al Sindaco del Comune ove si intende esercitare la vendita, nel rispetto di quanto disposto dall’art. 18 del D.Lgs. n. 228/2001.
Per quanto concerne il requisito oggettivo, il Consiglio di Stato, con la Sentenza n. 4441/2018, ha chiarito che il criterio della prevalenza debba in realtà sussistere anche qualora l’azienda agricola rimanga al di sotto della soglia di fatturato sopra descritta.
Come si determina la prevalenza?
Sul punto occorre distinguere a seconda che i prodotti agricoli o alimentari acquistati da altri imprenditori agricoli appartengano o meno al medesimo comparto agronomico di quelli riconducibili alla propria azienda agricola.
Nel primo caso, il criterio per individuare il requisito della prevalenza è di carattere quantitativo. Nel secondo caso, qualora l’azienda agricola venda in ipotesi carne di suino ma acquisti contemporaneamente marmellate da altro differente produttore agricolo, occorre invece confrontare il valore normale dei prodotti agricoli o alimentari ottenuti dalla propria attività agricola principale con quello dei prodotti acquistati da terzi. Detto in altri e più chiari termini, nel caso in cui i beni non appartengano allo stesso comparto agronomico, la prevalenza va determinata avendo riguardo al criterio qualitativo.
Occorre pertanto che l’imprenditore agricolo non sottovaluti mai il requisito della provenienza prevalente dalla propria azienda agricola dei prodotti agricoli e alimentari che intende vendere al dettaglio, essendo altrimenti qualificata la sua attività come commerciale e venendo conseguentemente disposta la chiusura dell’esercizio di vendita, come atto dovuto e vincolato, per mancata autorizzazione o denuncia di inizio attività (art. 7, comma 1, del D.Lgs. n. 114/1998). Contestualmente alla sanzione della chiusura dell’esercizio commerciale, viene altresì irrogata, in quest’ultimo caso, la sanzione pecuniaria per esercizio abusivo dell’attività commerciale.
Stefania Avoni, avvocato
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