Il Decreto “Cura Italia”, emanato a seguito dell’emergenza sanitaria per il COVID-19, ha previsto alcune misure a sostegno dei cittadini italiani, tra cui la sospensione di alcuni termini di versamento dei debiti erariali.
I versamenti a cui si fa riferimento sono quelli con scadenza compresa tra l’8 marzo e il 31 maggio 2020 in riferimento alle somme derivanti da:
- cartelle di pagamento (art. 29, D.L. 78/2010 IVA, imposte sui redditi e IRAP; Legge 160/2019 tributi locali);
- avvisi di accertamento esecutivi (art. 29, D.L. 78/2010 IVA, imposte sui redditi e IRAP; Legge 160/2019 tributi locali);
- avvisi di addebito INPS (art. 30, D.L. 78/2010).
A fronte di una sospensione per i versamenti sopra elencati, l’erario, richiamando le disposizioni dell’art. 12 D.Lgs. 159 del 2015, fornisce una proroga biennale dei termini per l’accertamento, in scadenza a fine anno:
- per il controllo formale: il modello Redditi, il modello IVA e il modello IRAP 2016 inerenti all’anno di imposta 2015;
- per la liquidazione automatica: il modello Redditi e il modello IVA 2017 inerenti all’anno di imposta 2016.
In altre parole, gli Uffici dell’Amministrazione finanziaria potranno accertare l’anno di imposta 2015 fino a dicembre 2022.
Stando al tenore letterale del Decreto “Cura Italia”, non è invece prevista alcuna sospensione per i versamenti dei debiti derivanti da avvisi bonari, ossia:
- da comunicazioni inviate dall’Agenzia delle Entrare per la liquidazione automatica;
- da comunicazioni inviate dall’Agenzia delle Entrate a seguito di controllo formale;
- nonché per le rate da dilazione dei ruoli, anche se gli stessi derivano da accertamenti esecutivi (ex art. 19 D.P.R. 602/1973). In definitiva, tutti i ruoli continueranno a soggiacere alle normali scadenze previste dal 16 marzo al 20 marzo.
Non si comprende quali siano i motivi che hanno portato il legislatore ad escludere dalla sospensione dei versamenti gli avvisi bonari.
Forse tale esclusione deriva dal fatto che tali avvisi sono da intendersi quali “adempimenti” non processuali, pertanto esclusi da quelli indicati nell’art. 12 del D.Lgs. 159/2015, disposizione a cui, probabilmente, ha voluto rifarsi il legislatore.
©RIPRODUZIONE RISERVATA