L’idea di proporre alcuni approfondimenti sull’importanza della stima del valore di mercato di un bene immobiliare in ambito rurale e, in particolare, dei terreni agricoli nasce da una esigenza sorta per una importante novità normativa: dal 2011, come si è visto in dettaglio nell’articolo della Rivista n. 05/2020 di ConsulenzaAgricola.it, per la stima delle indennità di esproprio, non è più possibile fare riferimento ai Valori Agricoli Medi (VAM).
È, pertanto, fondamentale ripercorrere alcuni punti determinanti delle modifiche della normativa che hanno condotto alla attuale situazione, in cui è elemento di riferimento per le nuove stime il valore agricolo “venale” (come introdotto dalla Legge di Napoli 2892/1885, Risanamento della città di Napoli), inteso come valore del mercato immobiliare di riferimento.
Le principali “tappe” di questo percorso sono le seguenti.
I Valori Agricoli Medi sono stati introdotti dall’articolo 16 della Legge del 22 ottobre 1971, n. 865, integrata con istruzioni tecniche contenute nella Circolare n. 1/827 del 20/11/1971 della Direzione Generale del Catasto e dei Servizi Tecnici Erariali, del Ministero delle Finanze.
Il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari, in materia di espropriazione per pubblica utilità, è stato emanato con Decreto del Presidente della Repubblica n. 327, l’8 giugno 2001, ed è entrato in vigore il 30 giugno 2003.
Inizialmente, esso prevedeva che l’indennità di esproprio per le aree edificabili fosse riportata a quanto stabilito nella Legge di Napoli, con alcune modifiche[1] (art. 5-bis, comma 1 e 2, D.L. 333/1992 convertito nelle Legge 359/1992), mentre per le aree non edificabili, a vocazione agricola, il parametro di riferimento era quello del Valore Agricolo Medio, corrispondente al tipo di coltura in atto.
Il Ministero delle Finanze ha, tuttavia, fatto chiarezza su due concetti fondamentali al fine della presente trattazione. Il primo definisce il valore agricolo come “[…] il valore venale considerato indipendentemente da qualsiasi plusvalenza non riconducibile alla utilizzazione dell’area per scopi agricoli. Il valore agricolo si identifica in conseguenza col più probabile prezzo di mercato dell’area in una libera contrattazione di compravendita solo nei casi in cui il mercato non risenta, direttamente o indirettamente, dell’influenza delle suddette plusvalenze” differenziandolo dal Valore Agricolo Medio (VAM) nell’ambito della regione agraria secondo i tipi di coltura effettivamente praticati, con il quale termine “si intendono le medie ponderate dei valori agricoli, con riferimento all’intera estensione del territorio della regione considerata, dei terreni classificabili in quel tipo di coltura”.
La Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)[2] sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata dall’Italia con L. n. 848/1955, ha apportato sostanziali modifiche alle modalità di calcolo degli indennizzi.
Infatti, a partire dal 2003, in conseguenza alle numerose sentenze della Corte EDU, che hanno giudicato negativamente la disciplina nazionale per le espropriazioni, si è giunti, di fatto, alla necessità di una vera e propria revisione dell’apparato legislativo.
Il primo e fondamentale passo verso l’attuale sistema indennitario è stato compiuto dalla Corte Costituzionale, chiamata a farsi carico dell’adeguamento del diritto interno a quello internazionale.
Il passaggio avviene attraverso la pubblicazione di due Sentenze (n. 348 e n. 349) entrambe del 24 ottobre 2007, che, con riferimento alle aree edificabili, riportano al valore venale sia l’indennità per espropriazione regolare, sia il risarcimento per espropriazione irregolare. La successiva Legge n. 244/2007 ha modificato il TUE.
Per le aree agricole, o comunque inedificabili, il cambiamento è avvenuto con la Sentenza della Corte Costituzionale n. 181/2011, che ha sostanzialmente modificato il valore di riferimento per il calcolo dell’indennità di esproprio di queste aree, eliminando, come base di riferimento, il sistema dei VAM.
La Sentenza della Corte Costituzionale n. 181/2011 ha aperto un grande vuoto per progettisti di opere pubbliche, autorità esproprianti e professionisti, richiedendo un nuovo approccio di stima ed un'attività estremamente complessa e impegnativa per il reperimento di dati, in relazione alla vastità ed all’articolazione degli ambiti di stima.
Ad oggi, quindi, all’interno del TUE, la definizione di valore venale può essere considerata equivalente a quella più ampia espressa nell’art. 39 della L. n. 2359/1865, che prevedeva il criterio del “giusto prezzo che a giudizio dei periti avrebbe avuto l’immobile in una libera contrattazione di compravendita”.
Prof. Alessandro Ragazzoni
[1] Sostituendo in ogni caso ai fitti coacervati dell’ultimo decennio il reddito dominicale rivalutato di cui agli articoli 24 e seguenti del T.U. delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
[2] L’Art. 1 del primo Protocollo aggiuntivo della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo introduce la protezione della proprietà: “Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale. Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende”.
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