Le coltivazioni intercalari sono colture di breve durata che occupano il terreno nell’intervallo di tempo compreso tra due colture principali. Tipico esempio di coltura intercalare è quello delle patate, laddove invece la coltivazione della barbabietola da zucchero impegna la fertilità del terreno per un ciclo più lungo.
La coltivazione intercalare, pur essendo accomunata alla coltura stagionale per la brevità del ciclo colturale ricompreso tra due colture principali, si caratterizza per la sua frapposizione tra due colture, di più lungo ciclo, di un prodotto del medesimo genere.
Data la definizione di coltura intercalare, occorre ora precisare come l’imprenditore agricolo abbia la possibilità di concedere in godimento a terzi il proprio terreno, nell’intervallo compreso tra l’ultimo raccolto e l’inizio della nuova semina o piantagione.
Questa scelta non è tuttavia esente da conseguenze in materia di agevolazioni fiscali.
Com’è noto, i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali, quest’ultimi anche costituiti nella forma di società agricola, qualora acquistino un fondo rustico indipendentemente dal grado di sua estensione, possono beneficiare dell’agevolazione PPC (piccola proprietà contadina), che prevede il pagamento dell’imposta catastale dell’1% e quello dell’imposta di registro e di quella ipotecaria in misura fissa.
Tale agevolazione, che si estende anche ai fabbricati rurali pertinenziali ai terreni agricoli, non trova applicazione nell’ipotesi di acquisto di un terreno edificabile, sebbene l’acquirente abbia intenzione di destinarlo ad attività agricola.
Il diritto a beneficiare dell’agevolazione in materia di PPC può essere tuttavia revocato con conseguente recupero delle imposte e comminazione di sanzioni.
La decadenza dall’agevolazione si verifica qualora l’acquirente, entro i primi cinque anni dall’acquisto del terreno agricolo, smetta di coltivarlo o di condurlo oppure decida volontariamente di cederlo a terzi, a qualunque titolo.
Tra i casi di concessione a terzi del terreno agricolo nei primi cinque anni successivi al suo acquisto, è ricompreso altresì l’affitto intercalare.
Sul punto, la Cassazione, con Ordinanza n. 3811 del 14 febbraio 2017, che a sua volta richiama la precedente Sentenza n. 6688 del 21 marzo 2014, ha precisato al riguardo che l’affitto di un fondo rustico, entro il primo quinquennio dal suo acquisto, comprova la volontà del suo acquirente di voler cessare la coltivazione diretta, seppur limitatamente al breve periodo corrispondente alla durata della coltura intercalare.
Ciò in quanto, per tutto il periodo di durata del contratto, è l’affittuario ad utilizzare il terreno a scopo produttivo, secondo le regole della buona tecnica agraria.
Unico limite riguarda l’affitto a favore del coniuge, di un parente entro il terzo grado o di un affine entro il secondo che eserciti attività agricola ex art. 2135 c.c., non ravvisandovi il legislatore alcun intento elusivo, ma unicamente una riorganizzazione dell’attività agricola in ambito familiare.
Stesso discorso vale nell’ipotesi in cui il terreno acquistato nell’arco del primo quinquennio venga conferito in una società agricola in accomandita semplice, di cui il coltivatore diretto sia socio accomandatario mentre l’altro socio sia il coniuge. La ratio si rinviene nel fatto che trattasi di un’operazione tesa ad incentivare lo sviluppo dell’attività agricola, attraverso una società agricola con la qualifica di imprenditore agricolo professionale.
In conclusione, la concessione di coltura intercalare, seppur abbia il beneficio di garantire lo sfruttamento del terreno agricolo anche nel breve arco temporale intercorrente tra due colture principali, comporta la perdita delle agevolazioni in materia di PPC per il concedente già beneficiario, per i motivi sopra richiamati.
Stefania Avoni, avvocato
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