L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 23/E/2020, ha invertito la rotta in materia di tassazione delle plusvalenze, generate dalla vendita di terreni su cui sono presenti fabbricati da demolire.
In considerazione del consolidato indirizzo assunto dalla giurisprudenza di legittimità sull’argomento, l’Amministrazione Finanziaria ha assunto che la cessione di fabbricati, ricadenti in un’area oggetto di un piano di recupero, approvato in via definitiva dal Comune, non può essere ricondotta alla fattispecie della cessione del terreno, suscettibile di utilizzazione edificatoria con la conseguente intassabilità della plusvalenza.
L’articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR, include fra i redditi diversi due distinte ipotesi di plusvalenza:
- plusvalenza realizzata a seguito di cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni;
- plusvalenza realizzata a seguito di cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, a prescindere dal periodo di possesso del cespite.
Alla luce della suddetta norma, è evidente che, per individuare il corretto trattamento fiscale applicabile ad una cessione immobiliare, è fondamentale stabilire se l’oggetto della compravendita sia un fabbricato oppure un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria.
L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione 395/E/2008, aveva chiarito che la vendita a titolo oneroso di fabbricati ricadenti in un’area oggetto di un piano di recupero, approvato in via definitiva dal Comune, è riconducibile alla fattispecie della cessione di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria, con conseguente tassabilità della plusvalenza, a prescindere dal periodo di possesso del cespite.
Tale interpretazione si basa sulla considerazione che, se i fabbricati ceduti ricadono in un piano di recupero, da cui notoriamente discende la possibilità di sviluppare in termini di incremento le cubature esistenti, l’oggetto della vendita sarà l’area su cui tali fabbricati insistono, riqualificata in relazione alla potenzialità edificatorie in corso di definizione.
A fronte di tale ragionamento, l’Amministrazione Finanziaria ha applicato tale principio in maniera generalizzata anche a casistiche quali la cessione di fabbricati “da demolire”, riqualificando l’oggetto della cessione da «fabbricato» a «terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria», con applicazione del trattamento fiscale, riservato a quest’ultima ipotesi.
Questo modus operandi delle Entrate è però stato disatteso dalla giurisprudenza, tant’è che la Corte di Cassazione ha più volte affermato che, ai fini dell’imponibilità della plusvalenza ex articolo 67, comma 1, lettera b) del TUIR, se l’oggetto del trasferimento a titolo oneroso è un edificio, detto trasferimento non può mai essere riqualificato come cessione di area edificabile, nemmeno quando l’edificio è destinato alla successiva demolizione e ricostruzione, ovvero quando l’edificio non assorbe la capacità edificatoria del lotto su cui insiste.
In particolare, la Sentenza n. 5088 del 21 febbraio 2019 enuncia i seguenti principi di diritto:
- la distinzione fra “edificato” e “non ancora edificato” si pone in termini di alternativa esclusiva che, in via logica, non ammette un tertium genus;
- la cessione di un edificio non può essere riqualificata come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria del lotto su cui insiste;
- nella cessione di edificio, la pattuizione delle parti da demolire e ricostruire, anche con ampliamento di volumetria, non può essere riqualificata come cessione di terreno edificabile;
- il potere generale dell’Amministrazione Finanziaria di riqualificare un negozio giuridico, in ragione dell’operazione economica sottesa, trova un limite nell’indicazione precisa di carattere tassativo del legislatore, ove ha previsto per la cessione di edifici un regime fiscale/temporale e per la cessione di terreni edificabili un diverso regime fiscale.
L’indirizzo assunto dalla giurisprudenza di legittimità, da ritenersi consolidato, è stato più volte richiamato in sede di contenzioso tributario e, tenuto conto dei pareri con cui l’Avvocatura generale dello Stato ha ritenuto non opportuna la prosecuzione in cassazione dei giudizi in materia, l’Agenzia delle Entrate ha dovuto considerare superate le indicazioni contenute nella Risoluzione n. 395/E del 2008.
Le stesse conclusioni devono essere estese anche all’IMU, considerando che vi sono Comuni che, in presenza di fabbricati collabenti, pretendono l’imposta sulla area di sedime anche se in zona agricola.
©RIPRODUZIONE RISERVATA