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Forlì, 09/09/2020
Prot. n. 489/2020

Locazioni brevi: in attesa del Regolamento, l’Agenzia conferma la propria posizione


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Nella Risposta n. 278 del 26 Agosto 2020, l’Agenzia conferma il proprio orientamento circa l’applicazione del regime delle locazioni brevi, introdotto dall’art. 4 del D.L. 50/2017.

In assenza dell’atteso Regolamento con il quale il MEF potrebbe definire i criteri in base ai quali queste attività di locazione si presumono svolte in forma imprenditoriale, i limiti da rispettare sono quelli indicati al comma 1 del citato articolo 4, nonché quelli indicati nella Circolare 24/E del 2017.

Premessa

L’affitto di unità immobiliari per brevi periodi (fino a 30 giorni) determina redditi di natura fondiaria, consentendo di optare per l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 21%. Tuttavia, tale facoltà è ammessa purché sia svolta da persone fisiche e non si configuri come attività d’impresa.

La norma consente che possano rientrare in tale fattispecie anche le locazioni che prevedano la fornitura di servizi essenziali per l’utilizzo dell’immobile come, ad esempio, la fornitura di biancheria e la pulizia dei locali. Inoltre, il regime delle locazioni brevi trova applicazione anche nell’ipotesi in cui l’attività non sia svolta direttamente dal proprietario degli immobili, ma tramite agenzie di intermediazione o soggetti che gestiscono portali telematici.

Gli elementi vincolanti per l’applicazione del regime delle locazioni brevi sono quindi i seguenti:

  • la durata: si intendono come “locazione breve” tutti i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni;
  • la tipologia del servizio: tale parametro è stato ampliato rispetto al passato, in quanto oggi sono ricompresi nella categoria anche quei contratti di locazione turistica che prevedono servizi di fornitura di biancheria e di pulizia di locali, fino a ieri esclusi dalla fattispecie;
  • i soggetti: tali contratti devono essere stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio dell’attività di impresa; essi possono agire direttamente o per mezzo di soggetti (fisici o on-line) che svolgono attività di intermediazione immobiliare.

Il comma 2, dell’art. 4, del Decreto Legge 50/2017, per la suddetta categoria di affitti, a partire dal 1° giugno 2017, ha introdotto la possibilità di optare al cosiddetto regime della cedolare secca, previsto dall’art. 3 del D.Lgs. n. 23/2011. In pratica, le locazioni qualificabili quali “affitti brevi” consentono di optare per l’applicazione di un’imposta del 21% sul canone pattuito, sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione. La cedolare secca sostituisce anche le imposte di registro e di bollo sulla risoluzione e sulle proroghe del contratto di locazione.

I limiti

Il legislatore, comprendendo il sottile confine che separa questa tipologia di attività svolta in regime “non professionale” rispetto alla stessa svolta in ambito di un’attività di impresa, ha previsto la possibilità dell’emissione, da parte del MEF, di un apposito regolamento con il quale si sarebbero potuti stabilire i criteri, in base ai quali questo tipo di attività si presume svolta in forma imprenditoriale (art. 3-bis del D.L. 50/2017).

Tale regolamento avrebbe dovuto essere emanato entro novanta giorni dall’entrata in vigore del D.L. 50/2017, ma a tutt’oggi non se ne ha notizia.

L’Agenzia delle Entrate ha fornito una prima interpretazione della norma tramite la Circolare 24/E del 2017. In tale documento è stato precisato che non sono compatibili con l’esercizio non professionale eventuali servizi aggiuntivi che non abbiano una immediata e diretta connessione con l’attività residenziale come, ad esempio, il servizio di colazione, somministrazione di pasti, la messa a disposizione di guide e interpreti o di auto a noleggio.

L’orientamento dell’Agenzia delle Entrate

Tale attività è inoltre stata regolamentata dalle singole Regioni, le quali hanno introdotto ulteriori limitazioni ai fini del rilascio delle autorizzazioni. In molti casi, al superamento di un certo numero di appartamenti (o immobili) locati, l’attività non è più classificata in forma non imprenditoriale.

Conseguentemente, si è venuta a creare una divergenza tra la disciplina fiscale e quella amministrativa.

Recentemente, l’Agenzia è nuovamente intervenuta per fornire chiarimenti ad un contribuente che, in qualità di proprietario, intendeva concedere in locazione, mediante soggetti che gestiscono portali telematici specializzati (AirBnB, Booking, ecc.) alcuni immobili siti in diverse Regioni dell’Italia, nel rispetto delle limitazioni imposte dalle disposizioni regionali per lo svolgimento dell’attività di locazione breve in regime non imprenditoriale.

In particolare, l’istante intendeva concedere in locazione:

  • tre immobili ubicati in Lombardia;
  • un immobile situato in Liguria;
  • due immobili ubicati in Sardegna.

L’istante precisava inoltre che, in relazione alle locazioni di tali immobili, non avrebbe messo a disposizione degli ospiti ulteriori servizi non attinenti alle finalità residenziali. In particolare, gli unici servizi messi a disposizione sarebbero stati quelli della fornitura di biancheria ed il servizio di pulizia finale.

Così come confermato nella Risposta 373/2019, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che, ai fini della possibilità di applicare il regime delle locazioni brevi (attività non imprenditoriale), occorre fare riferimento ai principi generali indicati nell’articolo 2082 del c.c. e all’articolo 55 del TUIR per valutare se l’attività sia svolta in regime d’impresa.

Secondo l’Agenzia, infatti, non può farsi riferimento alle normative regionali in materia di attività e strutture turistico-ricettive, in quanto tali disposizioni “disciplinano materie diverse e presentano diverse finalità, non contenendo tali leggi regionali disposizioni che possano assumere rilevanza ai fini fiscali”.

Pertanto, in applicazione dell’articolo 55 del TUIR, non rileva il numero delle unità immobiliari locate, ma il fatto che l’attività sia organizzata in forma d’impresa.

A tal fine, gli elementi che possano far considerare un’attività di locazione breve, svolta in forma imprenditoriale, sono la fornitura di ulteriori servizi che non presentano una necessaria connessione con le finalità residenziali degli immobili quali, ad esempio:

  • la somministrazione di pasti,
  • la messa a disposizione di mezzi a noleggio,
  • l’offerta di guide turistiche o di altri servizi collaterali,

per la cui fornitura si presume l’esistenza di un’organizzazione imprenditoriale, la presenza di personale dipendente, l’impiego di un vero e proprio “ufficio”, l’utilizzo di un’organizzazione di mezzi e risorse umane e l’impiego di altri possibili fattori produttivi.

L’Agenzia ha inoltre precisato che, qualora l’attività di locazione commerciale venga esercitata non abitualmente, la stessa produrrà un reddito diverso occasionale, ai sensi dell’art. 67, lett. i), del TUIR, che esclude la disciplina di cui all’art. 4.

Pertanto, fin quando il MEF non emanerà il regolamento con cui potrà indicare i limiti oggettivi entro i quali, ai fini dell’applicazione del regime delle locazioni brevi, tali attività possono essere qualificate a carattere non imprenditoriale, in assenza di un’organizzazione d’impresa, anche nel caso di specie, l’attività rientra tra quelle produttive di redditi fondiari e nel regime di locazioni brevi e questo vale anche nell’ipotesi in cui non vengano rispettati i limiti imposti dai regolamenti regionali, non avendo le stesse rilevanza fiscale.

 

 



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