Con l’Ordinanza n. 16814/2021, la Corte di Cassazione si è espressa sui requisiti richiesti ai fini del riconoscimento della ruralità di un immobile di proprietà di una società semplice agricola, il cui socio utilizzatore non è iscritto al Registro delle Imprese.
I requisiti per il riconoscimento della ruralità dei fabbricati sono disciplinati dall’art. 9, commi 3 e 3-bis, D.L. n. 557/1993.
In relazione ai fabbricati strumentali, il comma 3-bis dell’art. 9, D.L. n. 557/1993, accorda il carattere di ruralità agli immobili strumentali necessari allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’art. 2135, Codice Civile. Relativamente ai fabbricati abitativi, invece, il comma 3 dell’art. 9, D.L. n. 557/1993, richiede, tra l’altro, che il fabbricato o la porzione di fabbricato sia utilizzato quale abitazione:
- 1. dal soggetto titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale sul terreno per esigenze connesse all’attività agricola svolta;
- 2. dall’affittuario del terreno stesso o dal soggetto che con altro titolo idoneo conduce il terreno a cui l’immobile è asservito;
- 3. dai familiari conviventi a carico dei sopraindicati soggetti, risultanti dalle certificazioni anagrafiche;
- 4. da coadiuvanti iscritti come tali a fini previdenziali;
- 5. da soggetti titolari di trattamenti pensionistici corrisposti a seguito dell’attività svolta in agricoltura;
- 6. da uno dei soci o amministratori delle società agricole di cui all’art. 2, D.Lgs. n. 99/2004, aventi la qualifica di Imprenditore Agricolo Professionale (IAP).
Inoltre, la successiva lett. a-bis) dell’art. 9, comma 3, D.L. n. 557/1993, richiede che i soggetti di cui ai numeri 1., 2. e 5. di cui sopra siano imprenditori agricoli iscritti nel Registro delle Imprese.
Nel caso sottoposto al vaglio dei giudici di legittimità, l’Amministrazione Finanziaria ha negato il riconoscimento della ruralità del fabbricato, non ritenendo soddisfatte le condizioni per l’assunzione della qualifica di Imprenditore Agricolo Professionale in capo al socio utilizzatore dell’immobile, stante anche la sua mancata iscrizione presso il Registro delle Imprese.
La Corte di Cassazione ha tuttavia evidenziato che l’iscrizione, quale imprenditore agricolo, alla gestione previdenziale e assistenziale INPS, è di per sé sufficiente ad attestare la qualifica di Imprenditore Agricolo Professionale del socio. La mancata iscrizione dello stesso al Registro delle Imprese non è poi dirimente ai fini della ruralità fiscale dell’immobile, giacché risulta sufficiente l’iscrizione della società agricola, con l’indicazione dei soci.
Ai fini della qualifica di IAP, infatti, l’art. 1, D.Lgs. n. 99/2004, prevede espressamente che, nel caso delle società di persone e cooperative, ivi incluse le cooperative di lavoro, l’attività svolta dai soci nella società, in presenza dei requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito, è idonea a far acquisire ai medesimi la qualifica di Imprenditore Agricolo Professionale e al riconoscimento dei requisiti per i soci lavoratori.
Di conseguenza, anche il socio di una società di persone o di una cooperativa può essere uno IAP, senza essere tenuto all’iscrizione al Registro delle Imprese e a prescindere dal volume di affari conseguito.
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