La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3108 del 17 febbraio 2016, ha affermato che l’alienazione di un terreno acquistato fruendo dell’agevolazione per la piccola proprietà contadina entro il termine dei cinque anni fa decadere dai benefici anche se, tale cessione, viene compiuta dagli eredi.
Come noto, la disciplina relativa alla PPC, attualmente disciplinata dal D.L. 194/2009 convertito con la L. 25/2010, prevede la riduzione delle imposte di registro e ipotecaria in misura fissa, nonché l’imposta catastale pari all’1%, per tutti gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze qualificati come agricoli.
Tali benefici vengono concessi quando l’acquirente sia un coltivatore diretto o uno IAP (ovvero il coniuge o i parenti conviventi di questo a partire dal 1° gennaio 2016) iscritti nelle relative liste previdenziali e assistenziali.
Le agevolazioni concesse per la PPC sono soggette inoltre a decadenza se l’acquirente, entro il termine di cinque anni, cede il fondo o i diritti parziali su di esso acquistati, ovvero cessa di coltivarlo direttamente.
La Cassazione, con la sentenza in commento, afferma che a tali obblighi subentra l’erede, in caso di morte del titolare degli stessi.
Laddove, quindi, colui che accetta in eredità beni acquistati con le agevolazioni spettanti per la piccola proprietà contadina entro il termine quinquennale sopracitato, decida di alienare il terreno, stante l’impossibilità di proseguire l’attività che veniva svolta dal de cuius, automaticamente decadono i benefici goduti.
In caso di successione mortis causa, infatti, l’erede subentra in tutti i rapporti attivi e passivi del dante causa, con la conseguenza che, a pena di decadenza, deve rispettare i termini minimi di possesso e conduzione richiesti dalla norma.
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