Come è ormai noto il D.L. 91/2014 ha introdotto nell’ordinamento italiano una particolare forma di contratto di retededicata alle aziende del settore agricolo, tramite cui poter condividere mezzi, risorse e conoscenze per incrementare la produzione.
Da tempo si attendevano alcuni chiarimenti ufficiali da parte dell’Agenzia, la quale non si era mai pronunciata sul tema. Ieri il silenzio è stato rotto con la pubblicazione della consulenza giuridica n. 954-84/2015, contenente alcune interessanti precisazioni.
Innanzitutto, nel documento di prassi si fissano i due requisiti fondamentali per poter stipulare un contratto di rete in agricoltura:
- requisito soggettivo: possono partecipare alla rete solo le piccole e medie imprese agricole, individuali o associate;
- requisito oggettivo: è necessario che le imprese mettano in comune i fattori della produzione per l’aumento della competitività e dell’innovazione delle imprese retiste.
Un aspetto decisivo e peculiare del contratto di rete, che è stato per lungo tempo controverso, riguarda la possibilità da parte di tutti i retisti di ottenere la propria quota di prodotto a titolo originario.
L’Agenzia ha chiarito che, innanzitutto, tale possibilità deve essere specificamente indicata nel contratto, in quanto essa è una mera facoltà prevista dall’art. 1-bis, comma 3 del D.L. 91/2014, in cui si legge appunto che, per le aziende agricole facenti parte di un contratto di rete, “la produzione agricola derivante dall'esercizio in comune delle attività, secondo il programma comune di rete, può essere divisa fra i contraenti in natura con l'attribuzione a ciascuno, a titolo originario, della quota di prodotto convenuta nel contratto di rete”.
Tale facoltà, però, non può essere liberamente esercitata. L’Agenzia, infatti, precisa che l’acquisto a titolo originario della produzione agricola è subordinato ad alcune condizioni:
- che tutti i singoli retisti svolgano attività agricole di base e che le eventuali attività connesse, non solo non risultino prevalenti, ma siano legate alle prime da un rapporto di stretta complementarietà (ad esempio, non sarà configurabile una rete agricola, nel caso in cui vi siano produttori di uva ed un retista faccia esclusivamente trasformazione);
- che la messa in comune dei terreni sia obbligatoria e che sia significativa per tutti i partecipanti alla rete;
- che la partecipazione al conseguimento dell'obiettivo comune, mediante divisione della medesima tipologia di prodotto, si realizzi mediante apporti equivalenti e condivisione dei mezzi umani e tecnici, che siano proporzionati alla potenzialità del terreno messo in comune, con divieto di monetizzazione delle spettanze;
- che la divisione della produzione tra i retisti avvenga in maniera proporzionata al valore del contributo che ciascun partecipante ha apportato alla realizzazione del prodotto comune;
- che i prodotti oggetto di divisione non vengano successivamente ceduti tra i retisti, dal momento che lo scopo di tale tipologia di rete è che essa sia finalizzata alla produzione.
Quanto ai profili fiscali, lo studio dell’Agenzia sottolinea tre importanti aspetti. Il primo è che la divisione dei prodotti non produce effetti traslativi tra le imprese contraenti, pertanto tale operazione non rileva ai fini IVA.
Il secondo aspetto riguarda l’applicabilità del regime speciale IVA sulle vendite dei prodotti. L’Agenzia afferma che tale regime si applica al singolo retista, limitatamente alla propria quota di prodotti. Se, invece, viene costituita una rete vendita, il regime speciale si potrà applicare solo per la parte di beni dell’impresa venditrice. Per tutti i prodotti riferibili alle altre retiste, invece, si applicherà il regime ordinario.
Infine, per quanto riguarda le imposte dirette, il contratto di rete agricolo viene assimilato alla conduzione associata dei terreni, così come disciplinata dall’art. 33 del TUIR, il quale prevede che “il reddito agrario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun associato per la quota di sua spettanza”.
Pertanto, nel contratto di rete agricolo, il reddito agrario è determinato sommando i singoli redditi agrari dei terreni messi in comune e ripartendo il totale tra i retisti in base alle quote di spettanza stabilite dal contratto di rete stesso.
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