Il criterio della prevalenza, nell’ambito dell’attività di trasformazione di prodotti agricoli, va calcolato sulla base della quantità e non della qualità dei prodotti trasformati.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 18071 del 21 luglio 2017.
Con tale pronuncia, i giudici di legittimità hanno rinverdito il proprio orientamento, dando continuità ad un filone giurisprudenziale ormai consolidato ed allineato ai principi promanati dall’Agenzia delle Entrate con le fondamentali circolari 44/E del 2002 e del 2004.
Il caso oggetto di controversia è relativo all’anno 2001, quindi antecedente alla nuova formulazione dell’art. 32 del TUIR, tuttavia i principi espressi dalla Cassazione sono tuttora di grande interesse.
La controversia riguardava un viticoltore, il quale, per aumentare la propria produzione vinicola, acquistava anche uva da terzi.
L’Agenzia emetteva avviso di accertamento nei confronti del produttore, il quale, nell’anno 2001, aveva acquistato uva da terzi in quantità superiore a quella prodotta direttamente, violando così il principio di prevalenza necessario per poter ricondurre i proventi dell’attività di vinificazione all’interno del reddito agrario.
L’agricoltore sosteneva che tale valutazione non poteva ritenersi corretta, in quanto le uve acquistate, pur essendo quantitativamente superiori, avevano un valore significativamente inferiore alle uve prodotte nell’ambito dell’attività di coltivazione del fondo ed utilizzate nel processo di trasformazione. Sulla base di ciò, quindi, doveva ritenersi rispettato anche il criterio della prevalenza.
Mentre i due giudici di merito avevano dato ragione al contribuente, in segno diametralmente opposto si è pronunciata la Cassazione, affermando che l’attività svolta dal contribuente non può rientrare nel reddito agrario, in quanto inidonea ad integrare il requisito della prevalenza.
La conseguenza è che il valore economico dei prodotti trasformati non rileva ai fini della determinazione della prevalenza per beni tra loro omogenei, mentre il criterio da prendere in considerazione è solamente quello della quantità.
Tale situazione può essere poi letta come un’opportunità, ossia quello dell’agricoltore che produce grandi quantità di uva di bassa qualità: costui per la sua attività di vinificazione avrà possibilità di acquistare anche uve di grande valore, purché però rispetti il requisito della prevalenza in termini quantitativi.
Concludendo, non si può che registrare che la pronuncia della Cassazione, a differenza di quanto era stato deciso nei procedimenti di merito, ha confermato i principi richiamati nelle citate circolari 44/E del 2002 e del 2004, le quali affermano che:
- se i prodotti appartengono alla stessa specie, essi sono da paragonare utilizzando i criteri quantitativi;
- se i prodotti appartengono a specie diverse, essi sono da confrontare utilizzando il criterio del valore.
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