A causa dell’emergenza Coronavirus sarà possibile attivare lo smart working anche senza accordo preventivo tra dipendente e datore di lavoro, fermo restando il rispetto delle altre norme in materia di lavoro agile.
Con il DPCM del 23 febbraio 2020, in attuazione dell’art. 1 del Decreto Legge n. 6/2020, sono state stabilite misure urgenti per il contenimento e la gestione dell’emergenza Coronavirus.
Tali ordinanze hanno favorito il mondo del lavoro, prevedendo la possibilità di attivare lo smart working in sei regioni d’Italia, definendo “zone rosse” e “zone gialle”, senza che vi sia un accordo scritto tra lavoratori e dipendenti.
In particolare, l’obbligo di bloccare o ridurre le attività di imprese e lavoratori va fatto scattare nei comuni nei quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o, comunque, vi è un caso non riconducibile a una persona proveniente da area già interessata dal contagio.
Alla luce di ciò, ad oggi, le regioni che possono attivare la modalità “agile” di svolgimento della prestazione lavorativa senza un contratto sono:
- Lombardia;
- Veneto;
- Emilia Romagna;
- Friuli Venezia Giulia;
- Piemonte;
- Liguria.
La medesima attivazione semplificata dovrebbe essere possibile anche nei confronti di tutti quei lavoratori che provengono dalle regioni considerate a rischio dal Decreto, anche se le sedi aziendali presso cui lavorano sono collocate altrove.
Chiaramente, l’assenza di una regolamentazione scritta del rapporto di lavoro rappresenta una deroga alle disposizioni di cui all’art. 81/2017. Rimane obbligatorio il rispetto delle norme in tema di orario di lavoro, diritto alla disconnessione, utilizzo degli strumenti telematici, esercizio del potere organizzativo e di controllo, ecc.
Il DPCM prevede che l’informativa sulla sicurezza potrà essere assolta anche tramite una semplice e-mail, utilizzando la documentazione resa disponibile sul sito dell’INAIL.
La mancanza di un contratto scritto pone non pochi problemi applicativi: come può il lavoratore essere garantito delle tutele previste in ambito di sicurezza? Chi rappresenta l’autorità competente in grado di fissare deroghe alla disciplina del rapporto di lavoro? Il rifiuto del lavoratore costituisce una causa di licenziamento?
Si auspica che tali misure, che sicuramente trovano applicazione solo temporaneamente, possano essere meglio regolamentate.
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