La Rivista | nº 03 Marzo 2019
Enoturismo: considerazioni sulla disciplina in attesa dell'emanazione del decreto.
L'orientamento della Conferenza Stato-Regioni
di Guido Bianchi, esperto di fiscalità agraria
La definizione di «enoturismo» nasce ufficialmente il 27 dicembre 2017 con la pubblicazione della Legge di Stabilità per l’anno 2018. Con tale termine “si intendono tutte le attività di conoscenza del vino espletate nel luogo di produzione, le visite nei luoghi di coltura, di produzione o di esposizione degli strumenti utili alla coltivazione della vite, la degustazione e la commercializzazione delle produzioni vinicole aziendali, anche in abbinamento ad alimenti, le iniziative a carattere didattico e ricreativo nell’ambito delle cantine.” (art. 1, comma 502, Legge n. 205/2017).
La legge ha riconosciuto, in verità, quello che già nei fatti è un rilevante fenomeno economico, con spiccati connotati socio-culturali, sviluppatosi spontaneamente in Italia a partire dai primi anni novanta del secolo scorso. All’inizio è stato un fenomeno di élite, poi nel tempo è diventato un fenomeno di massa ed oggi conta circa 3 milioni di visitatori-cultori l’anno.
Le strade del vino
Il riconoscimento dell’enoturismo quale attività specifica e diversa dall’agriturismo la si intravede già nella Legge 27 luglio 1999, n. 268 (disciplina delle strade del vino) ove si prevede che le attività svolte delle aziende agricole nell’ambito delle strade del vino possono essere ricondotte alle attività agrituristiche. La terminologia utilizzata (“ricondotte”) dà l’idea di qualcosa inserita a forza, che avrebbe avuto necessità di una diversa regolamentazione, non possibile in quel momento. Va tenuto presente che a quel tempo la legge di orientamento per l’agricoltura non era ancora stata scritta.
Così, seppur dopo molto tempo, la Legge n. 268/1999 (che non declina espressamente il concetto di «enoturismo») si è arricchita di altre disposizioni, che hanno meglio definito le attività ammesse nelle strade del vino (v. art. 87 Legge n. 238/2016, detta anche “Testo Unico del vino”). I nuovi commi 3-bis, 3-ter e 3-quater dell’art. 1, delineano uno specifico regime ben distinto da quello agrituristico poiché la somministrazione di prodotti agroalimentari tradizionali e di origine (DOP e IGP) delle regioni cui appartengono le strade del vino, non preparati o cucinati contestualmente alla somministrazione del vino, effettuata da aziende agricole vitivinicole, non abbisogna più della licenza agrituristica ma può essere liberamente esercitata con la presentazione al comune della SCIA, nei limiti degli standard minimi di qualità definiti dal D.M. 12/7/2000, del rispetto dei requisiti igienico-sanitari, dell’osservanza dei disciplinari di strada e della secondarietà delle somministrazioni di prodotti agroalimentari tradizionali (per la definizione di prodotti agroalimentari tradizionali occorre riferirsi al D.M. 8/9/1999 n. 350) e di origine rispetto all’attività caratterizzante. Le somministrazioni diverse dal vino possono essere di produzione aziendale o anche acquistate: in ogni caso devono soggiacere al requisito della secondarietà.
La Legge n. 268/1999 non prevede alcun particolare regime fiscale applicabile alle attività esercitate tramite SCIA. Si devono perciò applicare i regimi esistenti che possono essere individuati: