La Rivista | nº 11 Novembre 2019
Il lavoro di parenti e affini in agricoltura
di Andrea Fiumi, consulente del lavoro
L’agricoltura rappresenta per molti aspetti un settore con peculiarità gestionali e normative che lo rendono unico.
Il lavoro in agricoltura, inteso in questo senso quale ambito giuridico, ha delle particolarità che sono proprie e non equiparabili agli altri settori merceologici, si veda ad esempio l’artigianato e il commercio.
E così, anche il lavoro familiare, pratica connaturata da sempre nel comparto agreste, diviene una possibilità da valutare con attenzione in base al reale apporto della prestazione di lavoro fornito dai componenti della famiglia stessa.
Nel lessico comune, quando si parla di lavoro familiare il primo riferimento è quello della collaborazione familiare che, però, ai fini normativi nulla ha a che vedere con la prestazione di parenti ed affini in agricoltura.
L’obiettivo del presente articolo è proprio quello di chiarire i differenti aspetti che l’Imprenditore Agricolo si può trovare ad affrontare quando decide di coinvolgere un proprio familiare all’interno dell’attività aziendale, senza tralasciare il rapporto di subordinazione che, però, come vedremo in seguito, risulta meritevole di approfondimento e attenta valutazione.
1. Collaboratori familiari
Prima di addentrarci nell’analisi della prestazione di lavoro di parenti ed affini in agricoltura, è assolutamente necessario chiarire la figura del collaboratore familiare.
Si definisce collaboratore familiare il componente della famiglia che, in presenza di caratteri di abitualità e prevalenza, partecipa all’attività lavorativa dell’azienda (sia essa agricola, commerciale o artigiana) in assenza di subordinazione.
I concetti di abitualità e prevalenza della prestazione lavorativa, divengono requisiti fondamentali per la connotazione dell’attività lavorativa del familiare ed il conseguente obbligo all’iscrizione nell’apposita gestione previdenziale INPS (Coltivatori Diretti/Commercianti/Artigiani).
A tale proposito è, infatti, intervenuto il Ministero del Lavoro e, in particolare, la Direzione generale dell’attività ispettiva, con le Circolari n. 10478 e n. 14184 del 2013.
In tali Circolari vengono fornite indicazioni al personale ispettivo, in merito al corretto inquadramento dei familiari nei settori del commercio, dell’artigianato e dell’agricoltura. A ribadire tali concetti interviene anche l’INL (Ispettorato Nazionale del Lavoro), con la Nota n. 50 del 2018, sottolineando che le prestazioni rese dai familiari sono generalmente occasionali e rese in via gratuita in quanto di natura morale e affettiva, prevedendo l’obbligo di iscrizione INPS solo in caso di sussistenza di requisiti di abitualità e prevalenza.