Il pegno è un diritto reale, previsto dall’art. 2784 del codice civile, tramite cui un soggetto può garantire un proprio credito ottenendo il possesso di un bene mobile del debitore o di un terzo a titolo di garanzia.
Proprio la presenza dello spossessamento (ossia l’attività con cui si toglie il possesso del bene al debitore) rappresenta l’elemento caratterizzante della disciplina: come noto per i beni mobili, fatta eccezione la categoria dei beni mobili registrati, la proprietà del bene coincide con il possesso del bene, salvo prova contraria.
Tramite la costituzione di pegno, quindi, il creditore può individuare beni mobili che possono essere idonei a garantire il proprio credito, beni su cui rivalersi nel caso in cui il debitore risulti inadempiente.
Trattandosi di beni mobili, tuttavia, è solo grazie allo spossessamento che si ottiene l’assoluta certezza che il soggetto debitore non distolga tale bene dalla sua funzione di garanzia, utilizzandolo o alienandolo abusivamente, senza possibilità di controllo da parte degli acquirenti.
Se questa è la disciplina storica del pegno, negli ultimi vent’anni si è assistito ad una progressiva modificazione dell’istituto, sempre più volto ad evitare il congelamento di beni per un periodo di tempo più o meno lungo, favorendo sempre più la circolazione degli stessi.
Già a metà degli anni Ottanta, con la L. 401/1985, il legislatore introduceva una nuova figura di pegno senza spossessamento a favore dei finanziatori di imprese produttrici di prosciutti a denominazione di origine tutelata; tale disciplina veniva poi estesa ai prodotti lattiero-caseari a lunga conservazione e denominazione di origine con la L. 122/2001.
In forza di tali leggi, il debitore continua a possedere i beni, anche se a titolo di deposito. Ciò viene giustificato sulla base della necessità di conservare i beni oggetto di pegno in locali appositi per la stagionatura, la conservazione o la maturazione dei prodotti, locali generalmente nella disponibilità del debitore. Debitore che potrà peraltro continuare a svolgere tutte le attività necessarie ai fini della lavorazione, completando gli eventuali processi produttivi.
Lo scopo, infatti, è quello di garantire il massimo valore possibile al prodotto oggetto di pegno in quanto, come pare lapalissiano, tanto maggiore sarà il suo valore, tanto più sarà in grado di garantire il credito.
Pare ammissibile che il soggetto pignorante possa disporre dei beni, procedendo anche alla vendita. Chiaramente, ciò dovrà presentare dei temperamenti: il prodotto finito resterà, in quanto oggetto di un diritto reale di garanzia, ossia insistente sulla cosa, sempre soggetto a pegno fino all’estinzione del debito.
Non solo, ma le operazioni di vendita dovranno essere registrate in appositi registri e finalizzate alla soddisfazione del creditore pignoratizio.
Infine, occorre segnalare che possono essere oggetto di pegno, ai sensi del D. Lgs. 102/2004, anche le quote latte, i diritti d’aiuto e i diritti di reimpianto concessi nell’ambito della PAC. L’imprenditore agricolo che voglia garantire il proprio debito tramite la concessione in pegno delle quote latte, ad esempio, dovrà darne comunicazione ad Agea: questi potrà continuare ad utilizzare la quota, ma gli eventuali proventi derivanti dalla cessione della stessa andranno a soddisfare il creditore pignoratizio.
Simile la situazione in cui vengano dati in pegno diritti all’aiuto o di reimpianto vigneti: anche qui non si ha spossessamento, ma il debitore potrà continuare ad utilizzare i diritti (ossia presentare le domande e percepire i relativi aiuti) finché il creditore non si attivi per la soddisfazione del proprio credito. Pertanto, anche in questo caso, il debitore resterà nel possesso del bene oggetto di pegno contrariamente a quanto previsto dalla disciplina generale dell’art. 2784 c.c.
Il trend che va registrato, pertanto, è quello della progressiva trasformazione dell’istituto del pegno da un tradizionale diritto reale di garanzia ad un istituto ibrido, che presenta anche elementi tipici della garanzia personale come, ad esempio, l’assenza dello spossessamento.
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