La multiforme realtà delle attività agricole e l’ampia varietà di esigenze delle imprese hanno originato, nel tempo, una quantità di figure contrattuali atipiche, che rispondono spesso a diversi intenti economico-pratici perseguiti dai contraenti e non raggiungibili attraverso i mezzi giuridici forniti dalle fattispecie legali.
Con questo articolo vogliamo iniziare un percorso in cui cercheremo di illustrare in maniera semplice alcune forme contrattuali tipicamente utilizzate in agricoltura.
Tratteremo di accordi che offrono una maggiore elasticità alle imprese, ma che richiedono il rispetto di determinate condizioni per non rischiare di scivolare, involontariamente, in altre forme contrattuali non desiderate dalle parti. Pertanto, negli accordi tra le parti, è necessario definire con precisione i contenuti oggetto del rapporto.
La compartecipazione agraria
Il contratto di compartecipazione è un contratto atipico, cioè non regolamentato in maniera organica né dal codice civile né da altre leggi dello Stato, che affonda le proprie radici in abitudini secolari.
Tale contratto rappresenta una forma di esercizio congiunto dell'attività agraria e prevede che due soggetti si accordino per utilizzare i propri fattori produttivi per svolgere una coltivazione a carattere stagionale.
Si tratta pertanto di un contratto di natura associativa con il quale una parte (concedente) mette a disposizione il fondo per coltivarlo insieme ad un altro imprenditore (compartecipante) al fine di dividere i prodotti ottenuti.
Rispetto ad altre forme contrattuali oggi vietate (mezzadria, colonia parziaria), nel contratto di compartecipazione prevale l’elemento di cogestione dell’attività rispetto alla pura prestazione lavorativa.
Pertanto, nell’ambito di un contratto di compartecipazione, l’elemento associativo caratterizzante deve essere suffragato dalle seguenti condizioni:
- le spese di coltivazione devono essere sostenute sia dal concedente che dal compartecipante, anche se la loro ripartizione è definita liberamente tra le parti (ad esempio: il concedente mette a disposizione il fondo, effettua le lavorazioni del terreno e acquista le sementi, mentre il compartecipante effettua la semina, cura le fasi di sviluppo ed effettua i necessari trattamenti; insieme effettuano la raccolta);
- l’organizzazione e la gestione dell’impresa deve essere comune (il compartecipante non può rimanere estraneo alla gestione);
- entrambe le parti devono essere soggette al c.d. “rischio d’impresa”, pertanto non può essere prevista una remunerazione prestabilita, non dipendente dall’andamento del risultato della gestione. L’eventuale remunerazione sarà rappresentata dalla ripartizione del prodotto;
- le coltivazioni oggetto dell’accordo devono essere rappresentate da una singola coltura stagionale e con riferimento ad un preciso appezzamento di terreno;
- entrambe le parti devono essere imprenditori agricoli.
Diversamente, la compartecipazione potrebbe essere ricondotta ad un rapporto di lavoro subordinato o un contratto di appalto.
La ripartizione del prodotto
La ripartizione del prodotto può essere stabilita liberamente dalle parti, escludendo comunque la possibilità di predeterminare un compenso ad una delle parti in misura fissa. La ripartizione dei prodotti deve rappresentare solo il normale bilanciamento dei rispettivi interessi.
La ripartizione avviene in campo subito dopo la raccolta. Le parti possono anche stabilire che l’intero prodotto sia nella disponibilità di una sola delle parti, che procederà alla vendita e retrocederà all’altra parte la quota di denaro corrispondente agli accordi di ripartizione prestabiliti.
Qualsiasi sia la modalità di riparto, la quota di prodotto attribuita a ciascuna delle parti è acquisita a titolo originario.
Gli aspetti fiscali
Innanzitutto, va detto che non vi è l’obbligo di registrare tale contratto. L’eventuale registrazione è soggetta a tassa fissa.
Come detto il contratto di compartecipazione è un contratto di tipo associativo. Pertanto, in caso di conduzione associata si deve procedere alla ripartizione del reddito agrario tra gli associati. Se la quota di riparto non è definita nel contratto, il reddito agrario viene ripartito in parti uguali tra le parti (art. 33, comma 2 del TUIR).
Per quanto riguarda la vendita del prodotto possono aversi le seguenti casistiche:
- se il prodotto è ripartito al termine del raccolto, ognuna delle parti procede autonomamente alla vendita del proprio prodotto;
- se l’intero prodotto è “affidato” ad una sola delle parti, quest’ultima provvederà alla vendita dell’intera produzione emettendo fattura all’acquirente. Quindi, procederà a liquidare la quota all’altra parte. In tal caso la liquidazione in denaro è esclusa dal campo di applicazione dell’IVA, pertanto sarà sufficiente emettere una ricevuta con applicata la marca da bollo. Nel caso in cui l’impresa “liquidata” sia in regime IVA ordinario, tale operazione potrebbe generare un’indetraibilità (parziale) dell’IVA sugli acquisti;
- una delle parti può dare mandato all’altra di procedere alla vendita. In caso di mandato senza rappresentanza (art. 1705 del c.c.), il mandatario procede alla vendita per conto del mandante, provvedendo a fatturarlo direttamente all’acquirente. In tal caso, il mandante emette fattura di vendita al mandatario, il quale procede alla vendita a proprio nome del prodotto, liquidando quindi il mandante;
- se il prodotto è destinato all’alimentazione del bestiame o alla trasformazione, in tal caso il prodotto viene ripartito tra le parti e trasferito presso i rispettivi depositi senza necessità di essere fatturato.
Riflessi della compartecipazione in caso di acquisto agevolato in PPC
Nel caso in cui i terreni messi a disposizione per la coltivazione siano stati acquisiti con le agevolazioni previste per la piccola proprietà contadina, si ritiene che il contratto di compartecipazione, avendo natura associativa, non determini la decadenza dei benefici.
Segnaliamo, però, che in merito la giurisprudenza non ha espresso pareri uniformi.
Con la sentenza n. 1152/2016, la CTR Emilia Romagna ha sostenuto che la stipula di un contratto di compartecipazione per la coltivazione di un fondo acquistato con le agevolazioni PPC non è elemento idoneo a far decadere dalle agevolazioni, in quanto il ruolo di imprenditore agricolo viene condiviso tra il proprietario del terreno ed un terzo soggetto ed entrambi, a differenza di quanto accade in un contratto di affitto, condividono anche i rischi dell’attività.
Evidenziamo, però, che la stessa CTR, con la sentenza n. 274/2016, aveva affermato l’esatto contrario, sostenendo che per evitare la decadenza dei benefici fiscali è necessario che il proprietario coltivi direttamente l’intero fondo e che ciò non avviene nell’ambito di un contratto di compartecipazione.
Come già anticipato in premessa, gli esperti di Consulenzaagricola.it hanno da sempre sostenuto la tesi secondo cui la sottoscrizione di un contratto di compartecipazione nel quinquennio oggetto di osservazione non comporta la decadenza dalle agevolazioni PPC, poiche la conduzione del fondo, seppur svolta in forma associata, permane in capo al concedente. Ciononostante, fino a quando non si sarà consolidato un orientamento giurisprudenziale favorevole a questa tesi, occorrerà prestare la massima attenzione.
Per chi fosse interessato, nella sezione editoria è possibile trovare la guida al contratto di compartecipazione e le relative formule contrattuali.
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