Forlì, 20/01/2020

L'allevamento del bestiame ha un futuro?

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Rivista: nº 01 Gennaio 2020
Giancarlo Belluzzi

La Rivista | nº 01 Gennaio 2020


L'allevamento del bestiame ha un futuro?

di Giancarlo Belluzzi, medico veterinario

I movimenti ambientalisti smuovono le acque della discussione sul futuro della zootecnia del terzo millennio. Il biologico tiene ma non soddisferà la richiesta di cibo al 2050. Nel mondo occidentale le organizzazioni veterinarie si confrontano sul futuro della professione, mentre la politica del pianeta progetta nuove aree di sfruttamento per soddisfare la prevista richiesta di proteine animali.

La fine dell’anno è anche il tempo dedicato a bilanci, riflessioni e previsioni. È naturale che medici veterinari ed allevatori si pongano domande sul loro futuro, stante il clamore ambientalistico ed il veganismo di questi ultimi tempi; il quesito riguarda non solo gli italiani e neppure gli europei, ma se lo chiedono in tutto il vasto mondo agroalimentare. Tuttavia il bestiame è elemento indispensabile al pianeta, non solo per la fornitura di cibo, ma anche per la fertilità dei terreni e la biodiversità del mondo animale, uomo compreso.

Le tendenze alimentari dei consumatori cambiano ed il vento dei più sfegatati contro l’allevamento soffia implacabile sul cambiamento. Ad esempio, nel corso di quest’anno, ha suscitato un forte dibattito il rapporto del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici dell’ONU. Il rapporto, che ha preso in esame ben 7.000 ricerche scientifiche, riporta l’ennesima accusa all’uomo sul clima. ”Il cambiamento è dovuto principalmente alle attività umane e alle loro emissioni che peggiorano l’effetto serra”: tra queste emissioni sono citate anche quelle zootecniche, ma non è citato, ad esempio, l’apporto benefico del mais zootecnico, grande succhiatore di CO2, che poi viene destrutturata e rimessa in circolo nella notte attraverso ossigeno puro, contribuendo alla salubrità dell’ambiente ed alla fertilità dei terreni con le sue rotazioni.

Contestualmente la società dei non addetti ai lavori punta sempre più all’umanizzazione degli animali, reclama cambiamenti climatici causati dal bestiame allevato e teorizza la produzione sintetica di carne artificiale per far fronte al deficit mondiale di proteine destinate alla popolazione in crescita. Da qui la giustificata preoccupazione delle organizzazioni professionali che sfociano nelle scelte dei futuri professionisti del settore influenzando persino gli orientamenti universitari dei giovani studenti veterinari o agronomi del domani.

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Stampato in data 14/12/2025