La Rivista | nº 07-08 Luglio 2019
La multifunzionalità delle imprese agricole: attenzione alle possibili ricadute
di Andrea Fiumi, consulente del lavoro
La multifunzionalità riconosciuta all’impresa agricola a seguito della revisione dell’articolo 2135 del Codice civile ha generato una costante evoluzione delle attività svolte, con la conseguente necessità di valutare di volta in volta il corretto inquadramento civile, fiscale e previdenziale.
Gli addetti ai lavori, soprattutto i professionisti che si occupano di gestione e amministrazione del personale si trovano ad effettuare approfondite valutazioni finalizzate al corretto inquadramento delle aziende, di attività non immediatamente riconoscibili ma sovente inquadrabili nella previdenza agricola, riscontrando numerose particolarità che il settore offre.
L’evoluzione delle imprese che applicano la nuova definizione delle attività agricole connesse, in particolare per le attività di prestazioni di servizi oltre a quelle dedite alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e la valorizzazione di prodotti agricoli, rendono le analisi inerenti all’inquadramento del personale sempre più complesse e specifiche.
A tutto questo va associato il fatto che anche dal punto di vista normativo sono previste delle casistiche che consentono l’inquadramento previdenziale agricolo dei lavoratori con qualifica di operai ad imprese operanti in altri settori.
Situazioni queste che possono “indurre in tentazione” qualche operatore non curante delle limitazioni previste dalla norma, motivo per il quale l’INPS ha posto la sua attenzione emanando una circolare chiarificatrice di taluni aspetti.
L’Istituto, probabilmente sollecitato dal monitoraggio dell’andamento delle posizioni attivate nonché dal ritorno informativo degli accertamenti effettuati, lo scorso 20 giugno ha pubblicato la circolare n. 94 con la quale è tornato ad affrontare il corretto inquadramento dei lavoratori agricoli elencando una serie di attività che, pur esercitate da aziende non inquadrabili nel settore dell’agricoltura possono assumere personale mediante l’iscrizione delle maestranze nel settore agricolo.
Una particolare attenzione dovrà essere rivolta alle attività svolte in concreto da quelle imprese non agricole che, ai sensi dell’art. 6 della Legge n. 92/1979, assumono personale usufruendo della contrattazione e della normativa previdenziale agricola.
Per queste imprese, inquadrare il proprio personale nel settore agricolo rappresenta certamente una grande opportunità di carattere gestionale, grazie all’elasticità prevista dal contratto, e di sicuro vantaggio a livello operativo nell’organizzazione dell’attività aziendale.
Altro aspetto fondamentale e di particolare attenzione posto dalla circolare è riservata alle attività di servizi in agricoltura.
Infatti, affinché l’attività possa essere considerata connessa a quella agricola, le risorse utilizzate devono essere normalmente utilizzate nell’attività agricola principale, intendendo con ciò che tali risorse devono essere utilizzate abitualmente, stabilmente e sistematicamente nell’attività primaria. Circa la prevalenza dell’utilizzo delle risorse, l’Istituto si è discostato dall’interpretazione fiscale, asserendo che ai fini previdenziali l’unico parametro utile a definire tale concetto è dato dal tempo di impiego delle risorse aziendali con riferimento a quello impiegato nelle lavorazioni interne rispetto a quello riservato alle prestazioni di servizi nei confronti di soggetti terzi.
Ciò determina la necessità per le imprese di documentare come vengono impiegate le risorse. In taluni casi ciò potrà essere agevolato dai contatori presenti sulle macchine, ma appare comunque opportuno istituire un sistema di rilevazione appropriato (addetti, macchine non dotate di contatori, ecc.).
L’INPS, oltre che ad aver intensificato negli ultimi anni i controlli, ha anche illustrato tramite diverse circolari le criticità dei contratti di appalto, manifestando una particolare attenzione alla verifica di quelle posizioni che possono di fatto ricondursi a delle somministrazioni di manodopera che, come tali, richiedono requisiti soggettivi ben precisi e che comunque seguono una normativa specifica.
Le agevolazioni gestionali, la possibilità di non entrare nell’alveo delle limitazioni previsti per i tempi determinati rappresentano per le imprese un’opportunità decisamente interessante che, se ben strutturata, apporta all’azienda una maggiore spinta propulsiva verso uno sviluppo importante dell’attività e ampliamento dei volumi di fatturato.
Ciò deve far riflettere gli imprenditori sul fatto che le norme civili, fiscali e previdenziali hanno concesso loro ampi margini di manovra che, seppure non sempre ben delineati, meritano di essere prudentemente valutati e rispettati.
Considerando che dalla riforma del 2001 è ormai trascorso un ventennio e continuano ad essere necessari interventi di prassi al fine di chiarire ciò che è ammesso nel settore primario e ciò che non lo è, forse sarebbe opportuno per il settore avere una normativa coerente e coordinata che offra certezze al fine di indirizzare con forza investimenti e risorse nelle proprie attività nella consapevolezza di non rischiare contestazioni sul proprio operato.
In questo contesto “multicolore” è fondamentale il monitoraggio e la consulenza offerta dai professionisti che assistono le imprese. Infatti, spesso risulta difficile per l’imprenditore comprendere entro quali limiti operare e manca anche la consapevolezza delle conseguenze derivanti dall’errato inquadramento dei lavoratori o dall’esercizio di attività non ammesse come nel caso di intermediazione abusiva della manodopera.