In tema di agevolazione ai fini ICI, la qualità agricola di un terreno pur potenzialmente edificabile, posseduto e condotto da uno dei comproprietari avente i requisiti soggettivi e oggettivi di cui al D.Lgs. 504/1992, articoli 2, comma 1 lettera b), e articolo 9, comma 1, trova applicazione anche in favore degli altri comproprietari che non esercitano l'attività agricola, in quanto la destinazione agricola di un'area è incompatibile con la possibilità dello sfruttamento edilizio della stessa. Tale conclusione si impone in forza di una interpretazione letterale e sistematica del D.Lgs. 504/1992, articolo 2, comma 1, lettera b). Ai sensi di questa disposizione, infatti un terreno, pur suscettibile di utilizzazione edificatoria, deve considerarsi agricolo, ai fini della applicazione dell'imposta, laddove ricorrano 3 condizioni: a) il possesso dello stesso da parte di coltivatori diretti o di imprenditori agricoli a titolo principale: b) la diretta conduzione del medesimo da parte dei predetti soggetti; c) la persistenza dell'utilizzazione agro-silvo-pastorale, mediante l'esercizio di attività dirette alla coltivazione. Ne deriva che ricorrendo tali presupposti, il terreno soggiace all'imposta in relazione al suo valore catastale, dovendosi prescindere dalla sua obiettiva potenzialità edilizia. La considerazione, in questi casi, dell'area come terreno agricolo ha quindi carattere oggettivo e, come tale, si estende a ciascuno dei contitolari dei diritti dominicali. Ciò in quanto la persistenza della destinazione del fondo a scopo agricolo integra una situazione incompatibile con la possibilità del suo sfruttamento edilizio e tale incompatibilità, avendo carattere oggettivo, vale sia per il comproprietario coltivatore diretto che per gli altri comunisti (cfr. sentenze n. 14696/2018, n. 25596/2017, n. 22486/2017, n. 13261/2017, n. 16636/2011, n. 25566/2011, n. 14824/2011 e n. 15566/2010).