Forlì, 20/04/2020

Tempo di virus. Non dimentichiamoci della peste suina africana

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Rivista: nº 04 Aprile 2020
Giancarlo Belluzzi

La Rivista | nº 04 Aprile 2020


Tempo di virus. Non dimentichiamoci della peste suina africana

di Giancarlo Belluzzi, medico veterinario

L’emergenza coronavirus ha polarizzato tutta l’attenzione sanitaria della popolazione ma, a proposito di virus, gli allevatori hanno una preoccupazione in più: non devono dimenticarsi di tenere alta la guardia sui loro allevamenti e devono fare buona memoria delle raccomandazioni sulla biosicurezza degli allevamenti. Alcuni segnali positivi però ci sono: l’ultimo report sulla situazione sarda della PSA dimostra che “volendo si può”!

È corretto che gli allevatori si attengano alle prescrizioni anti-Coronavirus19 ma non devono dimenticare altri virus che dall’estero, Cina inclusa, possano insidiare il loro lavoro quotidiano mettendo a rischio l’allevamento. La Peste Suina Africana deve rimanere tra i pericoli più gravi da combattere. Questo per tre motivi. Il primo per sostenere il nostro export di carni e di derivati. Alcune richieste di ulteriori certificazioni a cui sono stati sottoposti i prodotti italiani venduti all’estero fanno parte di un repertorio con un nome ben preciso: sciacallaggio commerciale o pratica sleale! Il secondo perché il cibo italiano è un prodotto sicuro, perché i controlli pubblici sono ferrei. La vicenda del blocco e della distruzione immediata di un quantitativo non trascurabile di carne suina cinese importata clandestinamente in Veneto sono la prova tangibile di quanto asserito. Oltretutto il nostro prodotto è considerato una preparazione nostrana in quanto nella stragrande maggioranza dei casi subisce pochi passaggi produttivi. Per cui il richiamo a consumare prodotto italiano è più che mai attuale, cercando di limitare, col consumo domestico a cui siamo costretti in questo periodo, il grave deficit commerciale da Coronavirus. Il terzo perché il comparto in questo momento storico è in sofferenza, chiamato a ridurre sensibilmente la produzione, per il motivo espresso sopra, ma se l’allevatore normalmente può rallentare, se pur a fatica, il suo motore produttivo, ad oggi non ce la farebbe ad affrontare la distruzione del suo patrimonio per un focolaio di PSA.

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Stampato in data 15/12/2025