Area Riservata

Archivio

Contratti di rete in agricoltura. Aspetti fiscali

Come già anticipato nelle nostre precedenti circolari, il legislatore con l’art. 1-bis, comma 3, del D.L. 91/2014 ha introdotto il contratto di rete in agricoltura con lo scopo di migliorare ed incentivare la cooperazione e l’esercizio in comune delle attività agricole.

L’introduzione di tale istituto potrebbe portare vantaggi enormi al settore agricolo, ma il condizionale è d’obbligo, poiché una gestione non corretta del contratto può esporre le aziende partecipanti a rischi enormi, soprattutto da un punto di vista fiscale.

In agricoltura la rete fra imprese può generare vantaggi fiscali non indifferenti per i partecipanti; pertanto, se il contratto non è sorretto da valide ragioni economiche volte a perseguire lo scopo di accrescere la competitività sul mercato e la capacità innovativa delle imprese, c’è il rischio concreto che l’Agenzia possa intervenire contestandone gli aspetti “elusivi”.

Il richiamato art. 1-bis, comma 3, del D.L. 91/2014 stabilisce:  “Per le imprese agricole, definite come piccole e medie ai sensi del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, nei contratti di rete, di cui all’articolo 3, comma 4-ter, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, e successive modificazioni, formati da imprese agricole singole ed associate, la produzione agricola derivante dall’esercizio in comune delle attività, secondo il programma comune di rete, può essere divisa fra i contraenti in natura con l’attribuzione a ciascuno, a titolo originario, della quota di prodotto convenuta nel contratto di rete.”.

Alla luce della disposizione in esame, la produzione agricola derivante dall’esercizio in comune dell’attività secondo il contratto di rete, viene assegnata alle aziende partecipanti al contratto a titolo originario.

Sostanzialmente, la produzione agricola effettuata su terreni di altre aziende agricole, assume la natura di produzione propria.

Per poter comprendere meglio le potenzialità di questo contratto, proponiamo di seguito un caso pratico di associazione in rete.

Un produttore di energia da risorse agroforestali necessita di una notevole quantità di prodotti vegetali al fine di soddisfare il requisito della prevalenza di prodotti propri (51% del totale dei vegetali utilizzati per l’alimentazione dell’impianto) necessaria per rientrare nel regime fiscale agricolo.

Con il contratto di rete, egli potrà associarsi con un produttore di cereali e foraggiere, coltivando il terreno degli altri associati, sostenendo le spese e facendo una parte delle lavorazioni allo scopo di suddividere il prodotto finale in base alle percentuali stabilite dal contratto stesso.

Così facendo, ai sensi di quanto riportato all’art. 1-bis, il prodotto a lui spettante e ritirato sul campo, si considererà ottenuto a titolo originario e, quindi, come se fosse un prodotto proprio anche ai fini della determinazione della prevalenza.

LA GESTIONE FISCALE DEL CONTRATTO DI RETE

Ai fini fiscali è importante distinguere le due tipologie di contratto di rete:

Rete soggetto: la caratteristica principale di questa tipologia contrattuale è quella di generare un soggetto dotato di autonoma personalità giuridica rispetto alle singole imprese agricole che lo compongono; pertanto, sotto il profilo tributario sarà un soggetto passivo autonomo.

Rete contratto: con questa tipologia contrattuale le aziende agricole che si associano mantengono la loro autonomia, pertanto ciascuna di esse continuerà ad essere assoggettata al regime fiscale proprio del settore agricolo.

Ovviamente, in agricoltura il contratto di rete produce i suoi maggiori effetti mediante la “rete-contratto”, in cui le singole aziende agricole ricevono e contabilizzano individualmente le fatture di acquisto, e ciascuno vende la propria parte di prodotto continuando ad essere assoggettate al regime fiscale agricolo.

Per quanto concerne le aziende che adottano il regime speciale Iva (art. 34 Dpr 633/72), esse potranno far rientrare nel regime anche i prodotti ottenuti dalla rete, infatti, come sopra detto, gli stessi possono essere considerati come prodotti a titolo originario.

Come precisato nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 20/2013, per quanto concerne le fatture di acquisto, il fornitore dovrà emettere una fattura distinta per ogni partecipante alla rete, attribuendo ad ognuno la parte di costo in base alla percentuale prevista dal contratto.

Conseguentemente per la vendita del prodotto, ogni associato dovrà emettere la propria fattura per la quota di prodotto ad esso assegnata.

È comunque possibile che il prodotto venga ceduto totalmente da un unico soggetto (ad esempio nel caso in cui le quote di produzione - quote latte, quote pomodoro - siano nella titolarità di solo uno dei partecipanti), in tal caso le altre aziende dovranno emettere una fattura relativa alla propria quota nei confronti dell’azienda che ha ceduto interamente il prodotto.

Analoga è la situazione in cui il fornitore della rete emette una fattura ad una sola delle aziende partecipanti. In questa fattispecie, l’azienda che ha ricevuto la fattura dovrà ribaltare i costi agli altri associati, per la loro quota.

In queste due ultime fattispecie, se l’azienda opera in regime speciale Iva, si generano operazioni diverse.

Tuttavia, l’art. 34, comma 5 del D.P.R. 633/72, prevede che dall’imposta addebitata per le operazioni diverse è detraibile quella assolta sugli acquisti fatti per la produzione dei beni soggetto della prestazione diversa.

Infine, per quanto concerne le imposte dirette, il contratto di rete viene inquadrato come conduzione associata; pertanto, ai sensi di quanto previsto dall’art. 33 del TUIR, ad ogni impresa verrà imputata una quota di reddito agrario in base alla percentuale stabilita nel contratto di rete.

 

 



©RIPRODUZIONE RISERVATA
aggiornamento-soccida Contratti di rete in agricoltura. Aspetti fiscali

Please publish modules in offcanvas position.