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Il contratto di rete in agricoltura

Pubblichiamo una informativa che riteniamo molto interessante per capire i reali vantaggi che i produttori agricoli possono ottenere tramite i contratti di rete. Questo nostro approfondimento, oltre ad illustrare il concetto di rete e le opportunità che può offrire, cerca anche di entrare praticamente nella realtà di più aziende agricole che intendono sfruttare questa nuova forma associativa al fine di ottenere il vantaggio più importante e cioè portare a casa prodotti di terzi a titolo originario.

Da diversi mesi, professionisti, rappresentanti di associazioni e riviste specializzate stanno dando informazioni sui contratti di rete senza però fornire indicazioni pratiche di come questo nuovo istituto debba essere applicato al fine di portare vantaggi reali ai produttori agricoli.

Purtroppo, dal nostro osservatorio, e sulla base delle indagini effettuate, abbiamo dovuto constatare che l’applicazione pratica di questo nuovo strumento di aggregazione è molto difficile e a volte anche pericolosa.

In ogni caso forniamo di seguito alcune brevi considerazioni nonché esempi pratici affinchè chiunque fosse interessato, possa valutare personalmente la fattibilità di un progetto di rete fra imprese agricole che intendono acquisire il prodotto di terzi a titolo originario.

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Il contratto di rete in agricoltura, introdotto dall’art. 1 bis del D.L. 91/2014, rappresenta una delle novità più importanti che hanno coinvolto il mondo agricolo dopo la legge di orientamento in agricoltura (D.lgs 228/2001).

I vantaggi che questa nuova tipologia di contratto associativo potrebbe portare alle aziende agricole sono molto rilevanti, ma altrettanto elevati sono i rischi di possibili accertamenti del fisco nel caso in cui non vengano rispettati i principi posti alla base di questo istituto.

Proprio al fine di scongiurare il rischio di possibili contestazioni, abbiamo approfondito le problematiche legate al contratto di rete, cercando di delineare i limiti dell’inquadramento fiscale in agricoltura con particolare riguardo alla ripartizione del prodotto a titolo originario.

Tuttavia, un’analisi di questo tipo non può prescindere dalla disciplina “civilistica” del contratto, poiché i principi posti alla base della rete in agricoltura sono contenuti nella disposizioni generali delle reti d’impresa. 

LA DISCIPLINA CIVILISTICA

Il contratto di reteè stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico dall’art. 3, commi 4-ter, 4-quater, 4-quinquies, della Legge n. 33 del 9 aprile 2009 (di conversione del D.L. n. 5 del 10 febbraio 2009), così come modificata dal D.L. n. 78 del 31 maggio 2010, convertito nella Legge n. 122 del 30 luglio 2010.

In sostanza si tratta di un accordo con il quale più imprenditori si impegnano a collaborare al fine di accrescere, sia individualmente (cioè la propria impresa) che collettivamente (cioè le imprese che fanno parte della rete), la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato.

A tale scopo, con il contratto di rete le imprese si obbligano, sulla base di un programma comune, a:

  • collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie attività; 
  • scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica; 
  • esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa.

Dal punto di vista imprenditoriale, le reti si distinguono da altre forme di collaborazione, in quanto si focalizzano sul perseguimento di uno scopo, ovvero obiettivi strategici comuni di crescita, piuttosto che incentrare il rapporto tra le imprese partecipanti esclusivamente sulla condivisione di risorse.

Come precisato dall’art. 3, comma 4-ter, del D.L. 5/2009 la rete d’impresa deve essere finalizzata ad accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato sulla base di un programma comune di rete.

Il contratto di rete è una tipologia contrattuale a contenuto predeterminato; il legislatore lo ha dotato di una cornice giuridica all’interno della quale può poi esplicarsi l’autonomia negoziale delle imprese contraenti.

L’art. 3 comma 4-ter della L. 33/2009 definisce gli elementi costituivi del contratto di rete:          

  • dati identificativi delle imprese aderenti;
  • definizione degli obbiettivi strategici di innovazione e di innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti e le modalità concordate tra gli stessi per misurare l’avanzamento verso tali obbiettivi;
  • la definizione di un programma comune di rete, che contenga l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun imprenditore partecipante;
  • le modalità di realizzazione dello scopo comune;
  • durata del contratto, modalità di adesione di altri imprenditori e, ove pattuite, le cause facoltative di recesso anticipato e le condizioni per l’esercizio del relativo diritto;
  • il nome, la ditta, la ragione o la denominazione sociale del soggetto prescelto per svolgere l’ufficio di organo comune per l’esecuzione del contratto o di una o più parti o fasi di esso (a patto che il contratto ne preveda l’istituzione);
  • regole per l’assunzione delle decisioni dei partecipanti su ogni materia o aspetto di interesse comune;

I soggetti contraenti possono scegliere fra due tipologie di contratto di rete:

  • rete-soggetto: la rete soggetto è un autonomo centro di imputazione di interessi ed acquista rilevanza anche dal punto di vista giuridico e tributario. In questo caso il contratto deve essere iscritto come autonoma posizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese dove è ubicata la sede della rete;
  • rete-contratto: questa tipologia contrattuale è indubbiamente la più adatta al mondo agricolo, poiché le imprese partecipanti mantengono la loro soggettività giuridica e tributaria; pertanto, i contraenti stipulano un contratto avente solo effetti obbligatori tra le parti. L’iscrizione del contratto, in questo caso, deve essere compiuta da ciascuna impresa contraente nella sezione in cui è iscritta (l’efficacia del contratto decorre dal momento di effettuazione dell’ultima iscrizione).         

LA FORMA DEL CONTRATTO DI RETE

Il contratto di rete deve essere redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata o per atto firmato digitalmente, ai sensi di degli articoli 24 o 25 del dlgs 82/2005 ed è soggetto ad iscrizione nel registro delle imprese.

Solo con quest’ultimo adempimento il contratto di rete può acquista efficacia nei confronti dei terzi.

Occorre, inoltre, evidenziare che anche le modifiche successive al contratto dovranno assolvere l’onere pubblicitario, in particolare dovranno essere iscritte nel registro delle imprese:

- le modifiche apportate al testo contrattuale originale;

- le modifiche all’organo comune quale mandatario dei contraenti;

- le nuove adesioni al contratto.

IL CONTRATTO DI RETE IN AGRICOLTURA

L’art. 1-bis, comma 3, del D.l. n. 91/2014, convertito nella L. n. 116/2014, ha introdotto nel nostro ordinamento la figura del contratto di rete in agricoltura.

Quest’ultima disposizione stabilisce che: “Per le imprese agricole, definite come piccole e medie ai sensi del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, nei contratti di rete, di cui all'articolo 3, comma 4-ter, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, e successive modificazioni, formati da imprese agricole singole ed associate, la produzione agricola derivante dall'esercizio in comune delle attivita', secondo il programma comune di rete, puo' essere divisa fra i contraenti in natura con l'attribuzione a ciascuno, a titolo originario, della quota di prodotto convenuta nel contratto di rete.”.

La normativa sopra richiamata si inserisce nell’alveo della disciplina generale delle reti d’impresa dettata dal richiamato D.L. 5/2009; pertanto, anche le reti di impresa in agricoltura dovranno essere finalizzate a perseguire lo scopo di accrescere la capacità innovativa e la propria competitività sulla base di un programma comune di rete.

Dalla lettura della disposizione emerge con tutta evidenza la diversità tra i contratti agrari e il contratto di rete, infatti, mentre nel primo caso la collaborazione tra le imprese è finalizzata a procurare ed organizzare i fattori di produzione, nel contratto di rete la collaborazione e cooperazione tra le imprese agricole è finalizzata ad accrescere un’attività economico-produttiva già esistente. Da ciò deriva l’inapplicabilità, ai sensi del D.l. n. 83/2012 convertito con modificazioni dalla L. 134/2012, delle disposizioni di cui alla L. 203/1982 (Contratti agrari).

I SOGGETTI PARTECIPANTI ALLA RETE

Il contratto di rete “agricolo” deve essere formato da imprese agricole singole o associate.

In merito allo svolgimento dell’attività in forma collettiva, si ritiene quindi che possano partecipare alla rete le figure giuridiche societarie che rispondono ai requisiti di cui all’art. 2 del D.lgs. n. 99/2004. Si tratta delle società agricole, ossia delle società che recano nel loro oggetto sociale l’esclusivo esercizio delle attività previste dall’art. 2135 c.c. e contengono nella propria denominazione o ragione sociale la locuzione di “società agricola”.

IL PROGRAMMA COMUNE DI RETE

Il programma di rete costituisce il cuore del contratto di rete; le imprese agricole, sulla base del medesimo programma condiviso, si obbligano ad esercitare in comune delle attività per la realizzazione di una produzione agricola che favorisca la crescita imprenditoriale delle imprese partecipanti in termini di innovazione e competitività.

La produzione agricola può derivare dal contributo di ciascuna impresa aderente alla rete o dalla sommatoria di una varietà di competenze specifiche e fattori produttivi come, ad esempio, attrezzature, strumenti, strutture produttive, knowhow, messe a beneficio della collettività degli aderenti alla rete.

I VANTAGGI DELLA RETE DI IMPRESA

I vantaggi derivanti da una rete di impresa, dunque, consentono ai soggetti ad essa aderenti di crescere sia sul mercato interno che su quelli internazionali; volendo sintetizzare, tali vantaggi si risolvono in un miglioramento della performance delle imprese aderenti, attraverso le seguenti leve:

  • Incremento delle vendite e del fatturato: grazie alla rete è possibile generare nuove opportunità di vendita dei propri prodotti confluiti in un sistema di offerta più complesso, sia su mercati già serviti sia su nuovi mercati;
  • Riduzione dei costi di produzione: la rete può avere dei benefici sia sui costi variabili di produzione, consentendo ad esempio di acquistare i fattori produttivi a prezzi più bassi grazie al maggior potere contrattuale nei confronti dei fornitori, sia su quelli fissi, consentendo alle imprese una maggiore saturazione della propria capacità produttiva, potendo contare sull’eventuale collaborazione produttiva delle altre imprese della rete;
  • Riduzione dei tempi di approvvigionamento: grazie alla realizzazione di un rapporto stabile con le altre imprese della rete, è possibile creare, sviluppare e consolidare reti di subfornitura tra le imprese della rete, diminuendo i tempi di approvvigionamento e ottimizzando le scorte e, di conseguenza, i tempi di produzione;
  • Accesso alle agevolazioni fiscali: per le imprese di produzione alimentare, singole, costituite in forma cooperativa o riunite in consorzi, titolari di reddito di impresa o reddito agrario, aderenti a un contratto di rete, è riconosciuto un credito d’imposta al 40% per investimenti fino a 400.000 euro destinati allo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie. Le modalità applicative per l’attribuzione della predetta agevolazione fiscale sono disciplinate dal decreto interministeriale n. 272 del 13/01/2015 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27/02/2015;
  • Priorità nei Psr: è riconosciuta alle imprese agricole, forestali e agroalimentari, organizzate con il contratto di rete, priorità nell’accesso ai finanziamenti previsti dalle misure dei programmi di sviluppo rurale regionali e nazionali relativi alla programmazione 2014-2020, D.l. 91/2014;
  • Partecipazione alle gare di appalto: le reti di impresa sono ammesse alla partecipazione alle gare di appalto, D.l. 179/2012 convertito in legge 221/2012. L’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, con determinazione n. 3 del 23/04/2013, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 24/05/2013 n. 120, ha fornito le indicazioni generali e le modalità di “Partecipazione delle reti di impresa alle procedure di gara per l’aggiudicazione di contratti pubblici”;
  • Migliore accesso ai capitali: la rete può acquisire condizioni di maggior vantaggio da parte delle banche, grazie alla considerazione positiva che un numero crescente di istituti di credito ripone sui processi aggregativi delle imprese e di eventuali garanzie di solidità offerte dalla rete stessa. Inoltre, la crescente attenzione dell’Unione Europea e della Pubblica Amministrazione nazionale e locale rende prevedibile un maggior afflusso di incentivi alle reti nel corso dei prossimi anni;
  • Incremento dell’innovazione: l’impresa aderente può sviluppare una maggiore capacità innovativa grazie agli scambi di know how e competenze con le altre imprese della rete.
  • Sviluppo delle risorse umane: i lavoratori delle imprese aderenti alla rete godono di un contesto più stimolante dal punto di vista professionale, moltiplicandosi i contatti con altre realtà aziendali, con il risultato che queste circostanze possono arricchire il bagaglio professionale di conoscenze ed esperienze di dipendenti e collaboratori delle imprese aderenti alla rete;
  • Facilitazione dell’internazionalizzazione dell’impresa: imprese troppo piccole o con risorse insufficienti stentano a entrare o rimanere con successo nei mercati internazionali. Collaborare con altre realtà imprenditoriali, per avere accesso a risorse finanziarie (credito e contributi pubblici), risorse umane, know how, condividere i costi e l’organizzazione, può essere la soluzione per ovviare a questo problema e garantire anche alle imprese più piccole di poter sfruttare positivamente i vantaggi dell’internazionalizzazione.
  • Assunzioni congiunte: l’assunzione congiunta (introdotta con il “Pacchetto occupazione”) viene incontro alle esigenze delle imprese agricole che vogliono cogliere nuove opportunità di sviluppo. In concreto, con il nuovo contratto di rete, si potranno assumere uno o più dipendenti per destinarli a svolgere attività, presso le rispettive aziende, ripartendone gli oneri tra i soggetti che compongono la rete stessa. Possono usufruire di questa opportunità le imprese agricole legate tra di loro da un contratto di rete o quando almeno il 50% di esse, nell’ambito del contratto, siano agricole.

LA RIPARTIZIONE DEL PRODOTTO A TITOLO ORIGINARIO

L’aspetto maggiormente significativo dell’introduzione della disciplina dei contratti di rete in agricoltura è indubbiamente rappresentato dalla possibilità offerta alle imprese agricole partecipanti di ripartirsi a titolo originario i prodotti agricoli derivanti dall’esercizio in comune dell’attività di rete.

In sostanza, con la ripartizione del prodotto a titolo originario, la produzione agricola ottenuta anche su terreni altrui ha la natura di produzione propria, con tutte le conseguenze fiscali che ne derivano (i ricavi derivanti dalla vendita di tali prodotti potranno essere compresi nel reddito agrario di cui all’art. 32 del TUIR ed inoltre, aumentando la quota di prodotto proprio, si potrà incrementare il volume delle attività agricole connesse poste in essere attraverso la manipolazione e la trasformazione di prodotti agricoli di terzi che, per essere inquadrati nel reddito agrario, non devono essere prevalenti rispetto a quelli prodotti dall’azienda agricola).

Come sopra accennato, tale principio può avere conseguenze fiscali importantissime; pertanto, i nostri esperti, anche alla luce di chiarimenti non ufficiali offerti dall’Amministrazione Finanziaria nel corso di appositi incontri, hanno approfondito gli aspetti applicativi di una disposizione che a causa della sua indubbia genericità, può esporre il contribuente a rischi di non poco conto, soprattutto per quanto concerne possibili accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Ciò premesso, riteniamo che affinché possa concretizzarsi il presupposto della ripartizione del prodotto a titolo originario, sia comunque necessario che l’azienda agricola, al fine di favorire la propria crescita imprenditoriale (in ossequio alle finalità dettate dall’art. 9, comma 4-ter, del D.L. 5/2009), partecipi direttamente alle attività agricole dirette alla realizzazione di tali prodotti, da ricondurre all’attività di coltivazione, di allevamento di animali, di silvicoltura e di prima trasformazione e manipolazione.

A titolo esemplificativo immaginiamo varie tipologie di rete di impresa costitute da aziende agricole che operano in diversi comparti produttivi:

Settore vitivinicolo

- azienda agricola A: titolare di 20 Ha di terreno agricolo coltivato a vite e di macchine per la raccolta dell’uva.

- azienda agricola B: titolare di 30 Ha di terreno agricolo coltivato a vite e di una cantina di proprietà per la lavorazione del prodotto.

Le imprese agricole A e B, al fine di migliorare la propria capacità innovativa e competitività sul mercato attraverso un programma comune ben definito, decidono di realizzare il prodotto vino nell’ambito del contratto di rete, pertanto:

- l’azienda agricola A, oltre all’ordinaria attività di coltivazione dei propri terreni,attraverso l’utilizzo delle proprie macchine agricole di ultima generazione effettua la raccolta dell’uva anche sui 30 Ha di vigneto dell’azienda agricola B.

- l’azienda agricola B, oltre all’ordinaria attività di lavorazione dell’uva derivate dai propri terreni trasforma in vino anche l’uva prodotta dall’azienda agricola A.

Sottolineiamo che, alla luce di quanto disposto dall’art. 2135 comma 3 c.c., il retista (imprenditore agricolo) dovrà rispettare rigorosamente i limiti dell’utilizzazione prevalente di risorse o attrezzature normalmente (e prevalentemente) impiegate nella propria attività agricola.

Oltre ai requisiti sopra evidenziati le imprese partecipanti alla rete dovranno perseguire uno scopo comune volto ad accrescere la loro competitività e capacità innovativa che nel caso esemplificato potrebbe essere individuata nella creazione e promozione di una nuova tipologia di vino.

Precisiamo che gli aspetti fiscali legati al contratto di rete sono trattati nell’apposito capitolo rubricato “ ASPETTI FISCALI”.

Settore allevamento e ortofrutta

- azienda agricola A: titolare di 60 Ha di terreno agricolo coltivato a ortaggi, nonché di una vasta rete di punti vendita per la vendita diretta di prodotti agricoli.

- azienda agricola B: titolare di 10 Ha di terreno agricolo, di un allevamento di suini e di un apposito comparto per la macellazione degli stessi e la produzione di insaccati.

Le imprese agricole A e B, al fine di migliorare la propria capacità innovativa e competitività sul mercato attraverso un programma comune ben definito, decidono di creare una rete di imprese sulla base dei seguenti presupposti:

- l’azienda agricola A, trasferisce i sottoprodotti derivanti dalla lavorazione degli ortaggi all’azienda agricola B, la quale li impiega per nutrire i maiali del proprio allevamento. L’azienda agricola A, a fronte dei sottoprodotti forniti a B, acquisisce da quest’ultima azienda, a titolo originario, un numero di suini proporzionale agli scarti di lavorazione conferiti. Detti animali verranno poi macellati da B nell’ambito del rapporto di rete e rivenduti dall’azienda agricola A, sotto forma di prodotti trasformati, nei propri punti vendita, nel rispetto della disciplina della vendita diretta (art. 4 D.lgs 228/2001).

- l’azienda agricola B, grazie alla sinergia di rete, può usufruire delle materie prime necessarie all’allevamento di animali e, al contempo potrà inserirsi nella rete di vendita dell’azienda agricola A al fine di valorizzare al meglio i propri prodotti derivanti dall’attività di allevamento (salame, prosciutto ecc.).

Anche in questa fattispecie, come nella precedente, le imprese partecipanti alla rete dovranno perseguire uno scopo comune volto ad accrescere la loro competitività e capacità innovativa. Nel caso in esame tali finalità appaiono evidenti, infatti da un lato l’azienda agricola A accresce la gamma dei prodotti venduti nei propri punti vendita, mentre l’azienda agricola B beneficia di materie prime per l’allevamento di animali e della rete vendita dell’azienda agricola A.

Precisiamo che gli aspetti fiscali legati a questa tipologia di contratto di rete sono trattati nell’apposito capitolo rubricato “ ASPETTI FISCALI”.

Settore apicoltura e frutteto

- azienda agricola A: titolare di 10 Ha di terreno agricolo destinato alla coltivazione di una rara tipologia di pesco che determina una particolare fioritura. Inoltre è dotata di locali aziendali adibiti alla vendita diretta dei propri prodotti.

- azienda agricola B: svolge attività di coltivazione di 10 ha di terreni agricoli destinati alla produzione di prodotti ortofrutticoli; inoltre svolge attività di apicoltura.

Le imprese agricole A e B, al fine di migliorare la propria capacità innovativa e competitività sul mercato attraverso un programma comune ben definito, decidono di creare una rete di imprese sulla base dei seguenti presupposti:

- l’azienda agricola A, mette a disposizione dell’azienda agricola B i propri frutteti consentendo a quest’ultima di collocarvi le proprie arnie affinché le api possano usufruire delle particolari fioriture per la produzione del miele. L’azienda agricola A, a fronte di tale concessione, acquisisce, a titolo originario, una parte del miele prodotto dall’azienda agricola B e al contempo aumenta la produttività del proprio frutteto vista l’attività di impollinazione svolta dagli insetti.

 - l’azienda agricola B, grazie alla sinergia di rete, può collocare le proprie arnie sul terreno di A ed usufruire delle tipiche fioriture del frutteto per produrre una particolare tipologia di miele che abbia un determinato appeal sul mercato. Non solo come nel caso precedente anche in questa ipotesi l’azienda agricola B può usufruire del Know how dell’azienda agricola A (punto vendita, sito internet, pubblicità ecc.) per migliorare la commercializzazione dei propri prodotti.

Nell’ipotesi in esame entrambe le aziende perseguono lo scopo comune di accrescere la loro competitività e capacità innovativa. Infatti, da un lato l’azienda agricola A accresce la produttività del proprio frutteto e la gamma dei prodotti venduti nei propri punti vendita, mentre l’azienda agricola B ha la possibilità di migliorare la qualità di miele prodotto grazie alla collocazione delle arnie sul terreno di A.

Precisiamo che gli aspetti fiscali legati al contratto di rete sono stati trattati nell’apposito capitolo rubricato “ ASPETTI FISCALI”.

Se verranno rispettati i requisiti sopra evidenziati, compreso, lo si ricorda, il perseguimento dello scopo comune di rete da parte di tutte le aziende agricole partecipanti, riteniamo che il prodotto derivante dall’esercizio in comune delle attività agricole possa essere legittimamente ripartito in natura fra i partecipanti a titolo originario, purché la predetta ripartizione del prodotto tra le imprese aderenti sia rapportata al valore del contributo fornito dall’impresa alla realizzazione del prodotto comune.

In conclusione, fermi restando gli elementi costitutivi del contratto che abbiamo evidenziato in premessa,nel contratto di rete in agricoltura dovranno anche essere definiti dettagliatamente i seguenti elementi:

  • gliobbiettivi generali strategici di innovazione e di innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti e le modalità concordate tra gli stessi per misurare l’avanzamento verso tali obbiettivi;
  • gli obbiettivi specifici che costituiscono il presupposto dell’individuazione delle attività necessarie per il conseguimento degli obbiettivi generali;
  • un programma di rete che contenga l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante e le modalità di realizzazione dello scopo comune;
  • le modalità di ripartizione del prodotto agricolo comune.

ASPETTI FISCALI

Come già accennato in precedenza, la tipologia di rete più appetibile per il mondo agricolo è indubbiamente la rete contratto, poiché, consente alle imprese partecipanti di mantenere la propria soggettività giuridica e tributaria, potendo continuare così ad usufruire delle agevolazioni fiscali proprie del mondo agricolo.

Riteniamo che il contratto di rete in agricoltura, realizzato nel rispetto dei requisiti sopra evidenziati, debba essere ricondotto nell’ambito dei contratti associativi, sia ai fini civilistici che fiscali. Conseguentemente la divisione in natura dei prodotti a titolo originario, secondo le quote determinate dal contratto di rete, non produce effetti traslativi tra le imprese contraenti, così come non devono essere fatturate le prestazioni di servizi volte all’esercizio in comune dell’attività agricola.

Il predetto inquadramento fiscale fa si che la cessione della quota di prodotto delle singole imprese, in quanto ottenuta a titolo originario, non preclude l’applicazione del regime speciale Iva, ex art. 34 del D.P.R. n. 633/1972.

Al contrario, riteniamo che qualsiasi altra prestazioni di servizi o cessioni di beni effettuata fra le imprese partecipanti alla rete e che non rientri nell’ambito applicativo dell’art. 1-bis, comma 3, del D.L. n. 91/2014 (esercizio in comune dell’attività agricola secondo la definizione sopra citata) debbano essere fatti oggetto di automa fatturazione.

Ai fini delle imposte dirette, si ritiene che il contratto di rete in agricoltura possa essere fatto rientrare nelle fattispecie associative di cui all’art. 33 comma 2 del TUIR, pertanto, in relazione al prodotto ripartito a titolo originario a ciascun associato verrà attribuita una quota di reddito agrario così come stabilita nel contratto stesso.

Le operazioni effettuate con soggetti terzi

Gestione individuale dei rapporti con i soggetti  terzi

In assenza di una capofila che agisca per conto delle altre imprese,  per i beni acquistati e per i servizi ricevuti nell’esecuzione del programma di rete le stesse imprese ricevono individualmente le fatture di acquisto ed alla fine del raccolto ciascuna potrà ritirare la propria quota di prodotto, provvedendo direttamente a completare il ciclo di produzione o di vendita dei prodotti, fatturando i relativi importi.

La capofila provvista di mandato con rappresentanza

In presenza di una capofila che agisce in virtù di un mandato con rappresentanza (le operazioni poste in essere dal mandatario producono effetti direttamente in capo al mandante), i fornitori dovranno emettere tante fatture quanti sono i partecipanti con l’indicazione della parte di prezzo ad essi imputabile. Specularmente, per le vendite e le prestazioni di servizi effettuate dalla capofila, ciascun partecipante dovrà emettere fattura al cliente per la quota parte del prezzo a se imputabile.

La capofila provvista di mandato senza rappresentanza

Se, invece, la capofila opera con mandato senza rappresentanza per le operazioni effettuate le imprese partecipanti alla rete dovranno fatturare la cessione dei propri prodotti alla capofila e quest’ultima li fatturerà ai terzi acquirenti. Il medesimo principio può essere applicato anche ai costi sostenuti dalla capofila e ribaltati alle altre aziende partecipanti alla rete.

Si evidenzia che in questo caso, nell’ambito del regime speciale Iva di cui all’art. 34 del D.P.R. n. 633/1972, questi atti generano sulla capofila una serie di operazioni diverse, sia per la produzione agricola non propria ceduta al cliente finale, sia per la parte degli acquisti ribaltata con fattura alle altre aziende. Tuttavia, ai sensi dell’art. 34, comma 5, del D.P.R. n. 633/1972 dall’imposta addebitata per le operazioni diverse è detraibile da quella assoluta sugli acquisiti effettuati per la produzione dei beni e dei servizi che formano oggetto della operazione diversa.

 


Luciano Mattarelli, Vanni Fusconi

©RIPRODUZIONE RISERVATA
Luciano Mattarelli
Vanni Fusconi
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