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Con un’interessante sentenza del 6 febbraio 2019, il Tribunale di Reggio Emilia si è pronunciato in merito all’inquadramento civilistico di un’attività di allevamento di lepri e, conseguentemente, sui risvolti interpretativi relativi all’esercizio della prelazione agraria da parte del titolare di tale attività.
Una coltivatrice diretta, esercente l’attività di allevamento di lepri, era interessata all’acquisto di alcuni fondi rustici che erano stati venduti ad un altro coltivatore diretto e allevatore di bestiame proprietario di altri terreni limitrofi rispetto a quelli oggetto di vendita.
Tuttavia, la coltivatrice aveva agito in giudizio in quanto anch’essa titolare del diritto di prelazione su tali terreni che, oltre a confinare con quelli già di sua proprietà, erano in parte condotti dalla stessa sulla base di un contratto di affitto.
Secondo l’attrice, quindi, essa era titolare della prelazione del conduttore prevista dall’art. 8 della Legge n. 590/1965, in forza del quale doveva vedersi riconosciuta la precedenza nell’acquisto dei terreni oggetto di causa.
La controparte, però, eccepiva che tali fondi non erano attualmente condotti da parte della coltivatrice.
Chiamato a pronunciarsi sulla questione, il Tribunale di Reggio Emilia ha preliminarmente valutato il profilo soggettivo dell’attrice, al fine di valutare se fosse effettivamente possibile per questa esercitare il diritto di prelazione.
Per fare ciò, i giudici hanno mosso la loro analisi dalla nuova formulazione dell’art. 2135 c.c., la quale, dopo le modifiche operate dalla Legge di Orientamento in agricoltura (D. Lgs. 228/2001), ricomprende tra le attività agricole anche l’attività di allevamento di animali che utilizza o può utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
Tale formulazione, però, lascia ampio margine di interpretazione in merito al significato di “utilizzazione”, il quale può intendersi tanto in senso concreto (l’agrarietà sarebbe derivabile dal dato organizzativo della specifica azienda) quanto in senso teorico (la qualifica agraria deriverebbe dagli elementi naturalistici caratteristici della specie animale).
Secondo il Tribunale, però, “non è possibile prescindere dalla definizione attuale dell’imprenditore agricolo, la quale pretende un soggetto che, in forma organizzata e rivolta al mercato, non solo curi cicli biologici di carattere animale, ma li curi attraverso l’utilizzazione del fondo rustico ovvero dei suoi prodotti che – ovviamente – non possono che essere vegetali”.
Sulla base di tale principio, quindi, non possono essere considerate imprese agricole quelle attività dedicate all’allevamento di animali carnivori come gatti o volpi, mentre, al contrario, devono essere considerate tali le attività di allevamento di animali erbivori e di uccelli con ali inette al volo (i cosiddetti animali da cortile).
Pertanto, i giudici affermano che anche l’allevamento di fauna selvatica erbivora (tanto ai fini venatori che ai fini alimentari) deve essere considerata come allevamento agricolo, in quanto il legame con il terreno è riconoscibile per l’intero ciclo biologico.
Pur riconoscendo l’attività di allevamento di lepri come attività agricola, però, alla coltivatrice non viene riconosciuto il diritto di prelazione previsto dall’art. 8 della L. 590/1965.
Secondo i giudici, infatti, la richiamata previsione introduce una compressione del diritto di proprietà e non può essere interpretata estensivamente. Ai fini dell’esercizio del diritto di prelazione, infatti, è previsto che il conduttore sia titolare di un valido contratto di affitto e che svolga un’attività di stabile coltivazione.
Quest’ultimo principio va letto in senso restrittivo: già la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4958/2007 ha escluso l’applicabilità dell’art. 8 con riferimento alla vendita di fondi destinati al pascolo, nonché di terreni boschivi.
Pertanto, un’attività di allevamento di lepri, pur essendo un’attività agricola ai fini civilistici, non integra il principio di stabile coltivazione necessario ad attivare il diritto di prelazione del soggetto conduttore di fondi posti in vendita verso terzi.