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Se il tenore di vita di un imprenditore agricolo è ritenuto non congruente con il reddito agrario e dominicale dichiarati, l’Amministrazione finanziaria può procedere alla rettifica della dichiarazione utilizzando lo strumento del redditometro. Lo ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22426/2016.
Da sempre, l’utilizzo dell’accertamento sintetico nei confronti di soggetti produttori di reddito agrario è stato oggetto di grande discussione. Infatti, si ravvisava (e si ravvisa tutt’ora) una sostanziale incompatibilità tra una modalità di determinazione del reddito in misura fissa, sulla base delle tariffe d’estimo, e l’utilizzo di uno strumento che valuta lo scostamento tra il reddito prodotto e l’effettiva capacità di spesa.
In tal senso si era espressa anche la Corte Costituzionale con la sent. n. 377/1995, in cui era stato affermato che l’accertamento catastale è l’unico criterio di rideterminazione dei redditi fondiari: totalmente incompatibili risultano le altre tipologie di accertamento e, tra queste, anche il redditometro.
Tuttavia,la Corte stabiliva un ulteriore principio in base al quale qualora la capacità di spesa dell’agricoltore manifesti il possesso di un reddito superiore a quello effettivo realmente conseguito nell’esercizio delle attività agricole e quindi di un reddito diverso da quello denunciato diventa legittimo l’accertamento sintetico in base ad elementi e circostanze di fatto certe.
Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione ha rimarcato quest’ultimo principio esprimendosi sulla legittimità di un avviso di accertamento sintetico emesso nei confronti di un coltivatore campano, possessore di beni e di risparmi per un valore di quasi cento volte superiore rispetto ai redditi fondiari dichiarati.
Nei primi due gradi di giudizio, le Commissioni Tributarie accoglievano gli argomenti difensivi del contribuente, il quale sosteneva, che il reddito derivante dall’attività di produttore agricolo era da ritenersi totalmente assorbito dai redditi catastalmente determinati e che, quindi, eventuali altri elementi non potevano incidere sulla tassazione.
La Corte di Cassazione, però, ha contraddetto i Giudici di merito: gli ermellini hanno stabilito che, laddove la capacità di spesa dell’agricoltore manifesti il possesso di un reddito superiore a quello effettivamente ottenuto dall’esercizio delle attività agricole, facendo presupporre la titolarità di redditi diversi od ulteriori rispetto a quelli dichiarati, diventa legittimo l’utilizzo dell’accertamento sintetico sulla base di elementi e circostanze di fatto certi.
Pertanto, laddove l’Ufficio, sulla base di elementi di spesa certi, riscontri l’esistenza di redditi diversi (redditi non tassati, possesso o coltivazione di altri terreni non dichiarati o l’esercizio di attività diverse non riconducibili a quelle agricole) va ammesso l’utilizzo dell’accertamento sintetico per l’esatta determinazione del reddito imponibile.
Chiaramente, l'imprenditore agricolo avrà diritto di difendersi: sarà infatti onere del contribuente provare che i redditi ottenuti provengono integralmente dall’attività agricola o da quelle connesse, nonché che le ulteriori risorse derivano da altre attività non tassabili o separatamente tassate.
Infine, è opportuno sottolineare come la sentenza in analisi è stata pronunciata in relazione al vecchio redditometro (ex art. 38, DPR 600/1973), ma i principi contenuti possono essere applicati anche con riferimento al nuovo redditometro, disciplinato dal D.L. 78/2010.