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Circa l’applicabilità dell’esenzione ICI/IMU ai fabbricati strumentali alle attività agricole non accatastati come A/6 (per gli abitativi) o D/10 (fabbricati destinati alla manipolazione, trasformazione e vendita di prodotti agricoli) c’è sempre stato ampio dibattito, sia in dottrina che in giurisprudenza.
Due le posizioni storicamente contrapposte: da una parte c’è chi sostiene una tesi più aperta, secondo cui occorre fare riferimento alla situazione di fatto, riconoscendo quindi l’esenzione anche senza il corretto accatastamento, purché i fabbricati rispettino i requisiti di legge e siano strumentali all’attività agricola; dall’altra parte, invece, c’è la più rigorosa posizione che ritiene come elemento necessario anche l’accatastamento come A/6 o D/10 ovvero l’apposizione della postilla di ruralità per poter non pagare l’imposta municipale.
Con due recenti sentenze (sent. n. 2115/2017 e n. 3350/2017), la Corte di Cassazione ha confermato il recente trend giurisprudenziale che va nella direzione di un progressivo restringimento della platea degli aventi diritto all’esenzione.
Le due sentenze riguardavano una società cooperativa proprietaria di alcuni fabbricati, siti in due Comuni, utilizzati nello svolgimento dell’attività agricola, ma accatastati come D/8.
Su tali fabbricati, in quanto strumentali all’attività agricola svolta dalla cooperativa, non veniva versata l’ICI per l’anno 2007 che i due Comuni provvedevano poi a recuperare con altrettanti avvisi di accertamento.
La CTR dell’Emilia Romagna si era pronunciata condannando la condotta del contribuente e affermando che a nulla rilevava la concreta strumentalità dei fabbricati senza l’opportuno classamento catastale. Ciò è stato confermato anche dalla Cassazione.
Infatti, precisano i giudici di legittimità, non spetta al giudice valutare se un fabbricato possiede o meno i requisiti di ruralità necessari per accedere all’esenzione ICI/IMU: tale valutazione è demandata agli uffici del Catasto e deve risultare dalle apposite iscrizioni catastali.
Dal principio generale comune, le due sentenze conducono a conseguenze differenti: infatti, la pronuncia n. 2115/2017 condanna il contribuente al pagamento dell’imposta in quanto il fabbricato risultava semplicemente accatastato come D/8. Al contrario, nel comune confinante, la cooperativa aveva presentato un’autocertificazione attestante i requisiti di ruralità: in tal caso, quindi, la sent. 3350/2017 conferma come corretto l’operato del contribuente.
Purtroppo, va registrato come l’orientamento in commento si sta pericolosamente consolidando, superando quello più sostanziale e garantista per il contribuente, accolto dalla Corte di Cassazione in alcune pronunce del 2015, in cui si affermava che il possesso del carattere di strumentalità era requisito sufficiente per l’accesso all’esenzione ICI/IMU.
Ad ogni modo, la continuità della giurisprudenza della Cassazione permette agli operatori di adeguare il proprio comportamento: senza la regolarizzazione della posizione catastale dei fabbricati rurali strumentali, l’Agenzia potrà legittimamente muovere contestazioni anche laddove questi siano strumentali all’esercizio delle attività agricole, ma privi dei necessari requisiti formali.