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Era attesa da tempo, ma solo ieri è stata pubblicata la risoluzione n. 75/E dell’Agenzia delle Entrate, con cui sono stati forniti alcuni chiarimenti sul contratto di rete in agricoltura, riprendendo diversi dei principi enunciati nella consulenza giuridica n. 954-84/2015 del 5 aprile 2017.
Dopo aver richiamato la definizione contenuta nel testo dell’art. 3, comma 4-ter, del D.L. 5/2009, in forza del quale con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato, collaborando all’interno della rete al fine di scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica, ovvero ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell'oggetto della propria impresa; la risoluzione entra nel merito di alcuni profili controversi dell’istituto del contratto di rete agricolo, così come descritto dall’art. 1-bis del D.L. 91/2014.
Quest’ultima norma, infatti, ha esteso i benefici del contratto di rete alle attività agricole esercitate in comune fra i contraenti. Il primo rilievo contenuto nella risoluzione 75/E riguarda la suddivisione del prodotto della rete, il quale viene acquisito a titolo originario dai singoli retisti. Il totale prodotto, secondo quanto precisato dall’Agenzia, deve essere suddiviso tra i partecipanti in maniera proporzionale al valore degli apporti effettuati per la realizzazione degli obiettivi comuni.
Sulla base dei richiamati chiarimenti, però, la ripartizione a titolo originario non sarebbe possibile nel caso in cui i prodotti oggetto di divisione vengano ceduti ad un altro retista: questo perché la norma di favore è giustificata dal fine di destinare al mercato i prodotti delle reti.
Riteniamo comunque che tale proibizione sia ingiustificatamente restrittiva, in quanto non si comprende perché un produttore di latte non possa cedere ad un caseificio il suo prodotto a causa della compresenza delle due aziende all’interno di un contratto di rete. Le medesime considerazioni valgono per le uve: non si comprende perché un retista non possano cedere il frutto delle vigne coltivate in comune ad un altro retista, che magari dispone della cantina per la trasformazione delle uve in vino.
Ai fini fiscali la risoluzione conferma quanto già precisato nella consulenza giuridica dello scorso aprile: i prodotti coltivati in rete vengono acquisiti dai singoli retisti a titolo originario; pertanto, il ritiro dei prodotti non configura un’operazione rilevante ai fini IVA e ciascuno fatturerà la sua parte al cliente finale. Si sottolinea inoltre che non rilevano ai fini dell’imposta sul valore aggiunto nemmeno le prestazioni reciproche svolte dai membri della rete sui fondi agricoli.
Per quanto riguarda le imposte dirette, invece, la risoluzione 75/E afferma che per le imprese che dichiarano il reddito ai sensi dell’art. 32, il contratto di rete va configurato come una fattispecie assimilabile alla conduzione associata di cui all’art. 33 del TUIR, in quanto ciascun retista risulta conduttore del proprio terreno, ma anche dei fondi delle altre imprese partecipanti alla rete per la quota stabilita nel contratto.
Di fatto, i terreni vengono messi in comune da parte di tutti i membri della rete. Ai fini della quantificazione dei redditi da dichiarare, si ritiene quindi corretto:
Infine, occorre evidenziare che con la risoluzione in esame il Ministero ha precisato che la ripartizione del prodotto a titolo originario non è una conseguenza automatica dell’applicazione dell’art. 1-bis del D.L. 91/2014, ma una facoltà legata alla volontà delle parti (cristallizzata nel programma di rete) di effettuare una produzione agricola in comune.
Tuttavia, non bisogna dimenticare che esistono e possono essere costituite reti di impresa fra imprenditori agricoli che non hanno fini produttivi e che trovano la propria disciplina nelle disposizioni generali sui contratti di rete di cui dell’art. 3, comma 4-ter, del D.L. 5/2009.
Ovviamente in questi casi non potrà essere applicata la ripartizione del prodotto a titolo originario, ma, nel rispetto dei principi generali, si potranno applicare tutte le agevolazioni riservate alla generalità delle reti di impresa non agricole.
È il caso, ad esempio, della normativa sul distacco del lavoratore contenuta nell’art. 4 ter del Decreto legislativo 10/09/2003 n. 276, in base alla quale l'interesse della parte distaccante sorge automaticamente in forza dell'operare della rete di cui al decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5.
Si pensi, inoltre, alle agevolazioni in termini di priorità riconosciuta per l’accesso ai finanziamenti per i piani di sviluppo rurale: se il bando richiama in maniera generica i contratti di rete, riteniamo che il riferimento debba essere fatto necessariamente alle reti introdotte con il D.L. del 2009 e non certo alle reti agricole del 2014.