Manipolazione e trasformazione: nel settore dell’agricoltura, tali attività rientrano tra le attività connesse di cui all’art. 2135, ma rappresentano senza ombra di dubbio due importanti opportunità per gli operatori del settore.
In un mondo in costante evoluzione, però, non è sempre facile inquadrare ai fini fiscali i nuovi prodotti di tali attività: nonostante gli aggiornamenti, infatti, la disciplina fiscale non sempre riesce a dare risposte certe, al passo coi tempi.
In questo articolo, proviamo ad analizzare alcune delle questioni più calde ed interessanti, nella speranza di riuscire a fare un po’ di chiarezza sul punto.
La regola fiscale generale
Per poter inquadrare correttamente le attività di manipolazione e trasformazione occorre fare riferimento alla disciplina dell’art. 32 del TUIR e ai relativi chiarimenti forniti dall’Agenzia, nonché all’art. 2135 c.c.
Come noto, per poter essere considerata come connessa, l’attività di manipolazione o trasformazione deve avere ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dall’attività agricola principale (coltivazione o allevamento).
Inoltre, per rientrare nel reddito agrario, le attività di trasformazione devono essere svolte usualmente nell’ambito dell’attività agricola e devono consistere in una prima fase di lavorazione.
I prodotti dell’attività di trasformazione, poi, possono essere inquadrati fiscalmente in tre modi:
- rientrano nel reddito agrario i prodotti che sono citati nell’elenco contenuto nel DM 13 febbraio 2015;
- possono essere tassati forfettariamente (15% dei corrispettivi registrati ai fini IVA) i prodotti agricoli che hanno subito un solo processo di trasformazione ma che non rientrano nell’elenco del DM 13 febbraio 2015;
- vengono tassati a costi e ricavi i prodotti agricoli che hanno subito più processi di trasformazione o processi di trasformazione industriale.
Ai fini IVA, l’accesso al regime speciale agricolo è consentito per tutti i prodotti tassativamente indicati nella prima parte della tabella A allegata al DPR 633/1972.
Canapa
La legge 242/2016 ha liberalizzato in Italia la possibilità di coltivare la canapa sativa, pur nel rispetto di tutta una serie di limiti previsti per evitare la proliferazione di prodotti con effetti psicotropi.
Le cessioni di canapa sono a tutti gli effetti cessioni di prodotti agricoli: pertanto, i relativi proventi possono essere ricondotti nel reddito agrario, mentre ai fini IVA l’aliquota è del 22% con compensazione al 4%.
Poi occorre valutare l’inquadramento fiscale dei prodotti derivanti dalle attività di manipolazione e trasformazione della materia prima.
Le infiorescenze, ad esempio, se cedute allo stato originario, rientrano nel reddito agrario come se fossero fiori recisi. Lo stesso vale, comunque, anche nel caso in cui tali infiorescenze vengano deumidificate o essiccate naturalmente.
Con i semi di canapa, invece, si ottengono bevande e oli: tali prodotti, pur essendo agricoli a tutti gli effetti, non sono inclusi nell’elenco di cui al DM 13 febbraio 2015. La corretta tassazione, quindi, sarà quella forfettaria al 15% in base alla disciplina dell’art. 56-bis del TUIR.
Diversamente, i prodotti cosmetici e medicamentosi derivanti dalla canapa, essendo prodotti tramite processi di trasformazione complessi, si ritiene debbano essere tassati a costi e ricavi.
Per specifica previsione dell’art. 1, comma 423 della Legge Finanziaria 2006, se l’olio di canapa è utilizzato per produrre combustibili, tale attività rientra nel reddito agrario.
Liquori e bevande vegetali
Tra i prodotti di difficile inquadramento fiscale vanno sicuramente inseriti liquori e bevande ottenuti da prodotti vegetali.
La produzione di nocino, limoncello e simili dovrebbe essere considerata tra le attività agricole connesse alla pari della grappa. A differenza di quest’ultima, però, i predetti liquori non rientrano nell’elenco del DM 13 febbraio 2015.
Lo stesso vale poi per la produzione di bevande vegetali, come il latte di mandorla, che non sono ricomprese nel codice ATECO 10.32.0 tra le attività di produzione di succhi di frutta.
In entrambi i casi, quindi, si ritiene corretto applicare la tassazione forfettaria del 15%, a patto che i prodotti utilizzati provengano prevalentemente dall’attività agricola principale.
Propoli e cosmetici
Per propoli si intende una sostanza resinosa prodotta dalle api che l’uomo utilizza per produrre a sua volta estratti, caramelle e prodotti cosmetici.
La propoli grezza potrebbe essere considerata un prodotto agricolo alla pari del miele, rientrante quindi nel reddito agrario.
I prodotti successivi derivanti dalla lavorazione della propoli, invece, potrebbero essere soggetti a tassazione forfettaria del 15% o alla tassazione ordinaria in base ai processi di lavorazione subiti: se intervengono lavorazioni semplici (ad esempio la realizzazione di estratti), si potrà tassare al 15%; al contrario se vengono svolte lavorazioni industriali, la tassazione sarà a bilancio.
La produzione di cosmetici, invece, è considerata attività non connessa, in quanto generalmente i processi produttivi, pur muovendo da prodotti agricoli (alghe, bava di lumaca, gli stessi propoli), richiedono almeno una seconda lavorazione o lavorazioni industriali. Pertanto, i relativi redditi rientrano nel reddito d’impresa.
Ammendanti
La produzione di ammendanti ottenuti tramite la trasformazione di prodotti agricoli, se derivanti da processi di produzione semplici (prima lavorazione), potrebbe configurarsi come un’attività connessa.
I relativi ricavi, quindi, potrebbero essere tassati forfettariamente al 15% in base alle previsioni dell’art. 56-bis del TUIR, in quanto tali prodotti non sono ricompresi nell’elenco del DM 13 febbraio 2015.
Prodotti cotti
Tra i prodotti non facilmente inquadrabili, ci sono anche i prodotti cotti.
In linea generale, però, si ritiene tali prodotti debbano essere considerati come derivanti da attività gastronomiche, pertanto al di fuori della disciplina agricola.
Produzione di insetti
Una delle nuove frontiere dell’agricoltura è senza dubbio la produzione di insetti, sia quelli destinati alla lotta biologica che quelli destinati all’alimentazione.
In entrambi i casi, tali attività devono essere considerate come pienamente agricole dal punto di vista civilistico, in quanto consistenti nello sviluppo di un ciclo biologico di un organismo vivente.
Fiscalmente, però, il fatto che tali animali non siano inseriti né nella prima parte della tabella A, né nel DM 20 aprile 2006 degli animali allevati, fa sì che tali produzioni non possano essere ricomprese nei relativi regimi agricoli sia ai fini IVA che delle imposte dirette.
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