La Corte Costituzionale, con la Pronuncia 21 luglio 2020, n. 158, ha ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20 nel testo come modificato dalla L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a), e dalla L. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 1084, sul rilievo secondo cui tutti i comuni criteri ermeneutici convergono univocamente nel far ritenere la disposizione oggetto delle questioni come intesa a imporre che, nell'interpretare l'atto presentato a registrazione, si debba prescindere dagli elementi "extratestuali e dagli atti ad esso collegati", salvo quanto disposto dagli articoli successivi del medesimo D.P.R. n. 131 del 1986, ponendo in evidenza che "il Legislatore, con la denunciata norma ha inteso, attraverso un esercizio non manifestamente arbitrario della propria discrezionalità, riaffermare la natura di "imposta d'atto" dell'imposta di registro, precisando l'oggetto dell'imposizione in coerenza con la struttura di un prelievo sugli effetti giuridici dell'atto presentato per la registrazione, senza che assumano rilievo gli elementi extra testuali e gli atti collegati privi di qualsiasi nesso testuale con l'atto medesimo, salvo le ipotesi espressamente regolate dal Testo Unico" (così la citata Sentenza della Corte Costituzionale).