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Se l’agricoltore vende prodotti di terzi senza una previa manipolazione o trasformazione degli stessi, tale attività non può essere considerata come agricola per connessione.
Lo ha deciso la Cassazione con la sentenza n. 18829/2017.
Oggetto di controversia era un avviso di accertamento relativo all’anno 2000, avviso con cui l’Ufficio rideterminava la materia imponibile ai fini IRPEF e IVA di un contribuente agricoltore, il quale svolgeva anche attività di vendita di prodotti di terzi, la quale veniva riqualificata come commerciale.
Come argomentato nella pronuncia dei giudici di legittimità, per poter essere considerata come attività connessa, la commercializzazione di prodotti deve riguardare prevalentemente i prodotti propri dell’azienda e non deve assumere dimensioni tecnico-organizzative tali da poter essere qualificata come attività autonoma.
Inoltre, nel caso in cui vengano commercializzati anche prodotti di terzi, la vendita di questi può essere qualificata come attività connessa solo previa un’attività di manipolazione o trasformazione posta in essere dall’imprenditore agricolo. Mai, infatti, precisa la Cassazione, la cessione di un prodotto non lavorato, ma meramente acquistato e rivenduto dall’agricoltore, può essere considerata come attività connessa.
Nella motivazione della sentenza, i giudici ricordano che nell’attività dell’impresa agricola rientrano, oltre alle attività di coltivazione del fondo, anche le attività connesse, complementari ed accessorie dirette alla trasformazione e alla alienazione di prodotti agricoli, purché sia riscontrabile uno stretto collegamento fra l’attività agricola principale e quella di trasformazione dei prodotti.
Questo vincolo di strumentalità o complementarietà viene meno quando l’imprenditore persegue anche finalità diverse rispetto alla produzione agricola, come ad esempio scopi commerciali o industriali, realizzando utilità indipendenti dall’impresa agricola o comunque prevalenti rispetto ad essa.
Nel caso in esame, poi, la non riconducibilità delle cessioni nell’ambito delle attività connesse veniva provata con ulteriori elementi di prova come:
Va ricordato che la presente pronuncia ha ad oggetto una controversia precedente all’approvazione del D. Lgs. 228/2001, il quale ha profondamente modificato la disciplina relativa alla vendita di prodotti agricoli, introducendo anche la possibilità di porre in essere attività di vendita diretta nei confronti di terzi.
In materia di commercializzazione di prodotti di terzi senza ulteriori lavorazioni, non si può non evidenziare che, recentemente, la Regione Emilia Romagna ha fornito un parere giuridico in cui si è affermato che tale attività non pregiudica l’esercizio esclusivo delle attività agricole previsto dal 2135 c.c. purché si rispettino i requisiti della vendita diretta, primo fra tutti quello della prevalenza.
La questione, sul punto, è comunque estremamente dibattuta ed è facile immaginare come giurisprudenza e dottrina continueranno, nelle prossime settimane, ad occuparsi del tema.