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A maggio, il MIPAAF aveva pubblicato una dettagliata circolare con cui si era provato a fare chiarezza su alcuni punti controversi relativi alla disciplina della coltivazione della cosiddetta canapa legale, la quale sta vivendo una importante diffusione.
Oggi, però, arriva la frenata: con il parere formulato nei giorni scorsi dal Consiglio Superiore di Sanità, che suggerisce di vietare la vendita di tali prodotti, vengono ora messi a rischio gli investimenti effettuati dagli agricoltori.
In forza delle previsioni della legge n. 242/2016, non sono più necessarie autorizzazioni particolari per la semina e la coltivazione di varietà di canapa certificate con un contenuto di THC inferiore allo 0,2%, fatto salvo l’obbligo di conservare per 12 mesi i cartellini delle sementi utilizzate.
Tra le disposizioni di legge è previsto anche che eventuali sforamenti del contenuto di THC, se rientranti nelle soglie previste (dallo 0,2% allo 0,6%) non comportano responsabilità di alcun tipo in capo all’agricoltore.
Le attività oggi consentite per l’utilizzo della canapa coltivata sono:
Il Ministero della Salute, lo scorso 19 febbraio, aveva chiesto al Consiglio Superiore di Sanità un parere avente ad oggetto, in particolare, due questioni:
Alla prima domanda, il CSS ha risposto affermando che “non può essere esclusa la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa”, in quanto il limite di THC fissato dalla legge non è trascurabile e gli effetti psicotropi possono essere ottenuti anche solo con un aumento delle dosi.
Inoltre, secondo il Consiglio Superiore di Sanità, non è stato ancora valutato il rischio connesso al consumo di tali prodotti in relazione ad alcune specifiche condizioni come la giovane età, la presenza di patologie ricorrenti o in caso di gravidanza/allattamento e, pertanto, non è escludibile che, anche se in versione “light”, la cannabis possa avere effetti nocivi.
Sulla base di tali argomentazioni, quindi, si raccomanda che, nell’interesse della salute pubblica, siano attivate misure atte ad impedire la libera vendita dei prodotti a base di canapa.
Come facile immaginare, tale parere ha scatenato l’ira di numerose organizzazioni, sia di attivisti che di agricoltori.
Da un punto di vista dell’opportunità, c’è chi ha evidenziato che, nel mondo, il trend prevalente vede una progressiva riabilitazione della cannabis, la quale è stata anche recentemente legalizzata in Canada e che, in questi mesi, è oggetto anche di un specifico studio dell’OMS al fine di valutarne i reali effetti e di declassificarne la pericolosità.
Per quanto riguarda il mondo agricolo, però, la questione ha tutt’altra portata: se il parere del CSS fosse fatto proprio dall’Esecutivo e trasformato in norma di legge, ci si potrebbe trovare davanti ad un pericolosissimo contraccolpo per il settore della canapa, un settore che ha visto decuplicare le aree coltivate negli ultimi 5 anni e che oggi potrebbe trovarsi davanti ad una strada sbarrata.
Mettere veti o blocchi ulteriori all’attività di vendita della cosiddetta “canapa libera” potrebbe causare un crollo del mercato, mettendo in seria difficoltà tutti quegli operatori che, negli ultimi anni, hanno investito nel settore sulla base delle tendenze di mercato e della disciplina normativa.
Ora tocca al Ministero disinnescare quella che, anche a causa di ritardi e azioni mal coordinate, potrebbe rivelarsi una vera e propria bomba per il mondo dell’agricoltura.