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In Italia, le imprese sociali sono sempre più diffuse: lo scopo solidaristico e le numerose agevolazioni rendono tale strumento sempre più appetibile, anche per le realtà che operano nel settore agricolo.
La materia delle imprese sociali è regolata dal D. Lgs. n. 112/2017 (così come modificato dal D. Lgs. 95/2018), il quale prevede che la finalità di tali imprese è soddisfare un interesse generale, senza scopo di lucro e con finalità solidaristiche e di utilità sociale.
Molto spesso, tali forme imprenditoriali (prevalentemente cooperative sociali di cui alla L. 381/1991) hanno come obiettivo quello dell’inclusione sociale e dell’inserimento lavorativo, il quale dev’essere perseguito tramite l’impiego di lavoratori svantaggiati in misura non inferiore al 30% dei propri lavoratori.
Nel rispetto di tali requisiti, laddove svolgano attività agricole di cui all’art. 2135 del codice civile, la cooperativa o l’impresa sociale possono usufruire dell’intero regime fiscale per l’agricoltura, in particolare per quanto riguarda l’IVA, con la possibilità di utilizzare il regime speciale previsto dall’art. 34 del DPR 633/1972. Ma l’impresa sociale può anche diventare “società agricola”, se titolare dei requisiti ed esercente esclusivamente attività agricola, con la possibilità di accedere alle relative agevolazioni fiscali (IMU, imposta di registro…), nonché in materia contributiva.
Va ricordato, infine, che ai fini delle imposte dirette, le imprese sociali godono di una esenzione dal reddito se gli utili vengono destinati ad apposita riserva indivisibile.
Cosa diversa dall’impresa sociale è, invece, l’agricoltura sociale: quest’ultima, infatti, è un’impresa agricola a tutti gli effetti che svolge, al suo interno, anche un’attività sociale.
In forza di quanto previsto dall’art. 2, comma 3 della L. 141/2015, tale attività sociale deve essere ricompresa tra le attività connesse: se è rispettato il principio di prevalenza, l’attività in commento potrà essere tassata forfettariamente al 25% dei corrispettivi annotati ai fini IVA così come stabilito dall’art. 56-bis del TUIR.
Come attività sociali, si ritiene che possano essere ricomprese le attività di inserimento socio-lavorativo di disabili o lavoratori svantaggiati, le attività al servizio delle comunità locali, quelle che affiancano e supportano le terapie (mediche, psicologiche, riabilitative) anche con l’ausilio di animali, nonché progetti finalizzati all’educazione ambientale e alimentare.
Purtroppo, nonostante la disciplina legislativa sia vigente già da tre anni, essa è ancora inattiva: è atteso da tempo il decreto ministeriale che definisca con precisione i requisiti e le modalità di esercizio delle attività caratterizzanti l’agricoltura sociale.
La speranza è che presto il MIPAAFT si attivi per pubblicare tale provvedimento che darebbe una spinta decisiva ad un settore con grandi potenzialità, ma attualmente bloccato dall’inerzia del legislatore.