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La dichiarazione integrativa speciale (DIS) nella formulazione riportata nel Decreto-legge n.119/2018, pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale, è stata in parte rivista, ma contiene elementi che meriteranno di essere meglio precisati.
L’articolo 9 del provvedimento illustra le modalità con cui entro il prossimo 31 maggio 2019 i contribuenti potranno correggere errori ed omissioni con l’invio di una dichiarazione integrativa. Le annualità ammesse alla definizione sono quelle dal 2013 al 2016 (“dichiarazioni fiscali presentate fino al 31/10/2017”).
La norma prevede la possibilità di integrare le dichiarazioni già presentate ai fini:
Non è possibile integrare maggiori imponibili Ivie e Ivafe. Tale aspetto, precedentemente ammesso e oggetto di grandi critiche all’interno della maggioranza di governo, è stato emendato.
La norma risulta di incerta definizione quando si vanno ad esaminare i limiti previsti per l’accesso alla procedura.
Infatti, l’art.9 del Decreto prevede che “Fino al 31 maggio 2019 i contribuenti possono correggere errori od omissioni ed integrare, con le modalità previste dal presente articolo, le dichiarazioni presentate entro il 31 ottobre 2017 ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive delle imposte sui redditi, delle ritenute e dei contributi previdenziali, dell’imposta sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto. L'integrazione degli imponibili è ammessa, nel limite di 100.000 euro di imponibile annuo, ai fini delle imposte di cui al precedente periodo e comunque di non oltre il 30 per cento di quanto già dichiarato. Resta fermo il limite complessivo di 100.000 euro di imponibile annuo per cui è possibile l'integrazione ai sensi del presente comma. In caso di dichiarazione di un imponibile minore di 100.000 euro, nonché' in caso di dichiarazione senza debito di imposta per perdite di cui agli articoli 8 e 84 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, l'integrazione degli imponibili è comunque ammessa sino a 30.000 euro”.
Se, come letteralmente previsto, l’importo integrabile entro il limite complessivo di 100.000 euro è l’imponibile, si pone il problema quando l’integrazione abbia riflessi su più imposte, in particolare, se tale limite possa essere considerato distintamente per comparto impositivo, ed integrabile nella misura del 30%.
Pertanto, se un contribuente dovesse integrare per la stessa annualità 60.000 euro ai fini IRES e 60.000 euro ai fini IVA potrà indicare nella dichiarazione integrativa 120.000 euro complessivi, oppure dovrà al massimo integrarla fino a 100.000 euro? A rigore di logica, quando si procede ad integrare un reddito omesso, qualora questo abbia riflessi in più ambiti, non ha senso considerare la somma degli incrementi che apporta nei singoli comparti impositivi.
Inoltre, il calcolo per analizzare l’opportunità e la fattibilità della dichiarazione integrativa diverrebbe complesso.
Nella relazione illustrativa è precisato che, considerato il fatto che nel primo periodo della norma, accanto alle imposte sono previste anche “ritenute e contributi previdenziali, si precisa che resta fermo il limite di 100.000 euro di imponibile annuo di fini delle imposte predette e comunque, di non oltre il 30 percento di quanto già dichiarato”. Ciò farebbe pensare ad una sorta di soglia di sbarramento complessivo, in linea anche con gli intenti annunciati dai rappresentati di governo.
Questi aspetti dovranno certamente essere meglio illustrati nell’iter parlamentare che porterà alla conversione del decreto per dare certezza ai contribuenti e, conseguentemente, rendere questo strumento più appetibile.