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Sempre più spesso, l’Agenzia delle Entrate utilizza i conti correnti dei contribuenti come grandi banche dati sull’attività degli stessi e li utilizza come base per avanzare contestazioni di natura fiscale.
Peraltro, grazie all’inversione dell’onere della prova posto in capo al contribuente, la giustificazione dei movimenti finanziari operati dai contribuenti si rivela spesso un compito più arduo del previsto.
In maniera sempre più ricorrente, l’Agenzia effettua controlli incrociati sui conti di professionisti ed aziende, chiedendo spiegazione degli eventuali scostamenti riscontrati tra gli estratti conto bancari e i redditi dichiarati.
Tali scostamenti, infatti, possono essere qualificati dall’Ufficio come maggiori redditi non dichiarati e spetta al contribuente dimostrare che essi possono essere riconducibili a redditi dichiarati o a somme legittimamente non tassate.
Ciò deve essere fatto indicando con precisione sia i beneficiari delle somme prelevate che la destinazione di tali somme.
Va evidenziato, però, che tale compito è tutt’altro che facile: le contestazioni, infatti, si riferiscono spesso ad annate precedenti (al momento sono in corso le verifiche sull’anno d’imposta 2014) e ricostruire tutti i movimenti può essere complicato, tanto più per quei soggetti che non hanno obblighi di tenuta delle scritture contabili come gli agricoltori esonerati.
In più di un’occasione, l’Agenzia delle Entrate, nei suoi documenti di prassi (circolare n. 25/E/2014 e 32/E/2016), ha evidenziato la necessità di utilizzare in maniera prudente le presunzioni legali collegate ai movimenti bancari, valutando con attenzione e nel concreto i dati ivi rinvenibili.
È necessario quindi che, ai fini delle contestazioni, gli Uffici ricostruiscano in maniera solida la situazione di fatto, motivando puntualmente le ragioni delle contestazioni e non richiamando generiche violazioni.
Va evidenziato che non tutti i movimenti bancari sono soggetti alla presunzione di imponibilità: essa opera infatti solo per i prelievi di importi superiori ai 1.000 euro giornalieri e ai 5.000 euro mensili. Solo tali operazioni devono essere eventualmente giustificate dal contribuente.
La sempre maggiore diffusione dei controlli operati dal Fisco sui conti correnti ha l’evidente finalità di individuare redditi imponibili non dichiarati (rilevanza ai fini IRPEF) e operazioni attive non fatturate (IVA). Non solo: eventuali prelievi non giustificati potrebbero essere indizio di operazioni in nero, suscettibili di generare compensi non contabilizzati (con conseguenze anche ai fini IVA).
Una volta effettuate le contestazioni, il contribuente ha di media 15 giorni di tempo, ai sensi degli art. 32 del DPR 600/1973 e art. 51 del DPR 633/1972, per presentare la relativa documentazione, anche se tale termine spesso non è rispettabile a causa dei tempi burocratici delle banche.
Per i contribuenti, quindi, è necessario prestare grande attenzione al fine di non accendere campanelli di allarme presso l’Agenzia; ma anche fornire la massima collaborazione in caso di controlli, al fine di evitare problemi e contestazioni non previste.