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Nessun limite al numero di società di persone alle quali lo stesso socio, in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale, può attribuire la qualifica di società agricola IAP.
Questo è quanto confermato dall’Agenzia delle Entrate nella consulenza giuridica fornita alla Regione Emilia-Romagna, inviata il 13 dicembre 2018.
La problematica dell’attribuzione della qualifica IAP a più società è una questione piuttosto controversa e vede opporsi due tesi contrastanti sull’interpretazione della limitazione introdotta all’art. 1 comma 3-bis del D.Lgs. 99/2004 che recita: “La qualifica di imprenditore agricolo professionale può essere apportata da parte dell'amministratore ad una sola società”.
Infatti, in forza delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 99/2004, un imprenditore agricolo persona fisica in possesso della qualifica IAP può attribuire tale qualifica anche alle società. La norma di riferimento è l’art. 1 del D. Lgs. 99/2004 il quale, al comma 3, stabilisce che possono essere considerate come società agricole IAP quelle che, oltre a prevedere nello statuto l’esercizio esclusivo delle attività di cui all’art. 2135 c.c., hanno:
Il successivo comma 3-bis, però, fornisce una precisazione che, negli anni, ha creato alcuni dubbi interpretativi: “la qualifica di imprenditore agricolo professionale può essere apportata da parte dell'amministratore ad una sola società”.
Secondo la tesi da sempre sostenuta dagli esperti di ConsulenzaAgricola.it, tale limitazione era stata introdotta dal legislatore esclusivamente per le società diverse da quelle di persone, nelle quali la qualifica di società agricola IAP poteva essere attribuita da un amministratore.
Tale convincimento deriva sia dalla formulazione letterale della norma, sia dal fatto che lo spirito della riforma era quello di favorire la costituzione di imprese più strutturate ed armonizzare una normativa che aveva, fino ad allora, privilegiato le figure professionali individuali del coltivatore diretto e dell’imprenditore agricolo.
Non avrebbe quindi avuto senso logico limitare le aggregazioni di “imprenditori agricoli” in società di persone, mentre nel caso delle altre società, in cui la qualifica poteva essere apportata da una “semplice” amministratore, la limitazione introdotta dal comma 3-bis tendeva ad evitarne l’abuso.
L’orientamento espresso da Consulenzaagricola.it è stato recepito anche dall’Agenzia delle Entrate che a seguito della presentazione di un apposito interpello da parte dei nostri esperti (n. 909-216/2006) ha chiarito espressamente che “il limite posto nell'articolo l, comma 3-bis, D. Lgs. n. 99 del 29 marzo 2004, riguardi esclusivamente la qualifica di IAP e le sole società di capitali. [….] In definitiva il signor S., coltivatore diretto iscritto nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale e socio di tre diverse società agricole, favorirà con la propria qualifica, ai citati fini fiscali, tutte e tre le società di cui è socio, a prescindere dalla quota di partecipazione in ognuna”.
Nonostante il chiaro tenore letterale della norma e l’interpretazione offerta dall’Amministrazione Finanziaria, alcune Regioni, fra cui l’Emilia-Romagna, hanno ritenuto dare un’interpretazione restrittiva alla norma, intendendo la limitazione valida per tutte le forme societarie, iniziando a disconoscere la qualifica di IAP nei casi essa venga attribuita a più società di persone da parte di un solo individuo.
Interrogato circa l’ammissibilità dell’attribuzione della qualifica IAP a più società di persone da parte di un solo soggetto, anche il Ministero ha espresso parere positivo (n. 3064 del 23 marzo 2018).
Nella nota, infatti, si legge che l’aggiunta del comma 3-bis (avvenuta nel 2005) deve ritenersi riferita esclusivamente alle società di capitali e non anche alle società di persone. Questo viene affermato sulla base di due distinti argomenti:
Nonostante gli orientamenti espressi la questione però non era ancora risolta. La regione Emilia-Romagna procedeva pertanto ad inviare un’istanza, nello scorso mese di luglio, per richiedere un parere anche all’Agenzia delle Entrate.
Nella risposta fornita nella consulenza giuridica in commento, l’Agenzia condivide quanto già rappresentato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali nella nota n. 3064/2018 e alla risposta ad interpello n. 909-216/2006.
L’Agenzia ha inoltre illustrato l’intento del legislatore, motivato nella relazione illustrativa del provvedimento con il quale è stata introdotto l’art. 3-bis in cui è citato: “Il comma 2, sopprimendo la lettera b) dell’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 99/04, stabilisce medesimi requisiti per la qualifica di IAP sia per le società di capitali che per le cooperative, prevedendo per queste ultime l’ulteriore requisito che l’amministratore sia anche socio della cooperativa: esso è utile anche ai fini antielusivi in quanto la verifica del “quinto dei soci IAP” previsto dalla precedente normativa risultava il più delle volte di difficile dimostrazione, mentre l’accertamento dei requisiti in capo all’amministratore è di gran lunga più agevole. Sempre ai fini antielusivi viene specificato che la qualifica di imprenditore agricolo professionale può essere apportata da parte dell’amministratore ad una sola società”.
Secondo l’Agenzia, è evidente che l’intento del legislatore fosse quello di limitare la diffusione di casi di amministratori IAP che conferiscono tale qualifica a più società di capitali, determinando più agevolmente un possibile “sfruttamento” di tale tipologia societaria, dando luogo al fenomeno abusivo del cd. IAP itinerante.
Tale fenomeno, invece, difficilmente potrebbe avere diffusione nelle società di persone, in quanto tali forme societarie prevedono che il socio, per conferire la qualifica IAP alla società, si assuma il rischio anche patrimoniale di rispondere solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali (art. 2267, art. 2291 c.c.). Ciò, chiaramente, non può che scoraggiare il fenomeno dello IAP itinerante per queste tipologie di società.
La speranza è che, con quest’ultima conferma dell’Agenzia, si possa finalmente normalizzare una situazione che, in questi anni, ha inciso fortemente sull’attività di molti imprenditori che, a causa delle restrizioni imposte dalle Regioni, si sono visti precludere la possibilità di accedere ad incentivi o agevolazioni, oppure che, per non perderli, hanno dovuto rivedere e adattare il proprio assetto societario, accollandosi le relative spese e i relativi oneri.