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Dalla Legge Finanziaria del 2002 rappresenta un punto fermo della normativa economico-fiscale di fine anno e anche nella Legge di Bilancio 2019 non ci sono sorprese: anche per il prossimo anno sarà possibile procedere alla rivalutazione di terreni e partecipazioni, seppur con alcune novità.
Nei primi dodici anni di vita dell’istituto della rivalutazione, alle operazioni di rideterminazione del costo fiscale di terreni e partecipazioni, si applicava un’imposta sostitutiva pari al 2% per le partecipazioni non qualificate e al 4% per partecipazioni qualificate e terreni.
A partire dall’anno 2015, tali aliquote sono state raddoppiate, passando rispettivamente dal 2% al 4% e dal 4% all’8%, prima di essere unificate, nell’anno successivo, in una aliquota unica dell’8%.
Per gli anni 2016, 2017 e 2018, quindi, qualunque tipologia di rivalutazione posta in essere doveva essere assoggettata ad imposta sostitutiva con aliquota all’8%.
In forza delle previsioni di cui all’art. 1, comma 1054 della L. 145/2018, tali aliquote saranno nuovamente ritoccate al rialzo e saranno portate:
Due, quindi, le considerazioni da fare in merito a questa nuova previsione: da un lato, si ritorna al passato, con una diversa tassazione da applicare in base alla diversa tipologia di partecipazioni; dall’altro, va registrato il minore appeal della misura, la quale appare decisamente meno vantaggiosa rispetto alle precedenti formulazioni della norma.
Chiaramente, come negli scorsi anni, sarà possibile assolvere al pagamento dell’imposta in un’unica soluzione o in tre rate annuali di pari ammontare, su cui sarà applicato il tasso di interesse legale (3%) a decorrere dal 30/06/2019 per gli anni successivi al primo.
Per quanto riguarda il settore dell’agricoltura, l’istituto in esame rileva in particolar modo in relazione ad aree edificabili e terreni agricoli, magari posseduti da lungo tempo, il cui costo di acquisto è estremamente basso e che, in caso di cessione, determinerebbero la formazione di una cospicua plusvalenza secondo la disciplina di cui all’art. 67 del TUIR.
Giova precisare anche che, se la cessione di aree edificabili determina sempre la formazione di tale plusvalenza, per quanto riguarda i terreni agricoli essa emerge solo in caso di cessione del fondo con intenti speculativi, ossia entro cinque anni dall’acquisto, laddove esso non fosse avvenuto per successione (mortis causa).
Va evidenziato, comunque, che l’aumento delle aliquote potrebbe rendere comunque penalizzante riaffrancare i valori delle aree, già rivalutati per valori maggiori, in quanto potrebbe aggiungersi un ulteriore costo fiscale per la sostitutiva. In ogni caso, sarà sempre possibile per il contribuente recuperare i relativi importi già versati all’erario a titolo di imposta sostitutiva.
Una delle questioni più dibattute è quella che riguarda l’asseverazione della perizia di stima svolta dal professionista che, secondo la normativa, deve essere perfezionata entro il 30 giugno dell’anno.
Numerose volte ci si è interrogati se tale asseverazione potesse essere effettuata anche successivamente alla cessione dei terreni o delle partecipazioni rivalutate.
Sul punto, l’Agenzia ha adottato negli anni un orientamento ondivago: l’Ufficio ha infatti negato tale possibilità con la circolare n. 15/E/2002, affermando che il valore rideterminato deve essere indicato nell’atto di cessione; in un secondo tempo, però, con la risoluzione n. 53/E/2015, si è affermato l’asseverazione della perizia in un momento successivo al rogito non comporta decadenza dall’agevolazione.
Con la recente risposta ad interpello n. 153 del 28 dicembre 2018, però, l’Agenzia sembra aver fatto nuovamente marcia indietro: nel documento, infatti, si legge che il cedente deve fornire alla controparte, all’atto di vendita, copia della perizia giurata di stima redatta da un professionista antecedentemente al termine legale del 30 giugno.
Se al 1° luglio, tale operazione non è stata perfezionata, ha precisato l’Agenzia, l’istante non potrà usufruire dell’istituto della rivalutazione, fatto salvo il diritto del contribuente di recuperare l’imposta versata e non dovuta ai sensi dell’articolo 38 del DPR n. 602/1973.