Articoli
Tutti gli aggiornamenti, gli approfondimenti e i casi pratici analizzati e realizzati dai nostri esperti in materia agricola, fiscale, economica e del lavoro.
Il contratto di compartecipazione, se opportunamente applicato, offre la possibilità di incrementare sotto il profilo qualitativo e/o quantitativo le produzioni agricole che l’impresa potrà qualificare come ottenute a titolo originario con evidenti vantaggi sia ai fini della vendita diretta (ampliando ad esempio la gamma di prodotti offerti), sia ai fini delle attività agricole connesse di trasformazione al fine di integrare o migliorare la propria produzione.
La compartecipazione agraria si qualifica come contratto agrario in cui due soggetti, concedente (colui che possiede il terreno) e compartecipante (colui che coltiva il terreno), si associano al fine di svolgere una coltivazione stagionale senza costituire una società.
In tale contratto, il compartecipante sopporta insieme al concedente i rischi dell’attività, realizzando congiuntamente a questi una vera e propria impresa comune, pur se limitata a specifiche e temporanee colture stagionali, e potendo accadere di non avere la propria quota in annate improduttive.
La compartecipazione permette di fare rientrare le produzioni ottenute nella determinazione del reddito su base catastale.
Affinché il contratto di compartecipazione possa essere validamente stipulato e possa produrre gli effetti voluti dalle parti, è necessario rispettare alcuni importanti requisiti, specificatamente esaminati nell'ebook Compartecipazione agraria, che qui di seguito si sintetizzano.
Entrambi i contraenti devono essere imprenditori agricoli, altrimenti si configurerebbe un contratto di altra natura.
Il compartecipante, oltre a coltivare il fondo del concedente in forma associata, dovrà svolgere anche l’attività agricola in proprio e, conseguentemente, detenere terreni a titolo di proprietà e/o affitto. Inoltre, il compartecipante che partecipa attivamente ai lavori colturali e alla loro organizzazione dovrà essere iscritto nella gestione INPS quale CD o IAP.
Deve riguardare una singola coltura stagionale e non, invece, la generica coltivazione di un determinato appezzamento di terreno; la coltura stagionale non può inoltre riguardare l’intera azienda del concedente.
Nonostante non sia obbligatorio, è consigliato il contratto in forma scritta, sia a fini probatori sia per l’eventuale deposito presso gli uffici della pubblica amministrazione. Inoltre, la natura associativa del contratto impone la ripartizione del reddito agrario ai sensi del comma 2, art. 33 del TUIR, pertanto, la sottoscrizione del contratto effettuata dalle parti permette di fissare la quota di reddito da ripartire e conseguentemente la quota che le stesse dovranno indicare nella propria dichiarazione dei redditi.
Ricordiamo che, nel caso in cui una delle parti sia rappresentata da una società semplice o da un’impresa familiare, il reddito attribuito dovrà poi essere ulteriormente ripartito in capo ai soci o ai familiari.
L’inizio del contratto coincide di solito con la messa a disposizione del terreno al compartecipante. Il contratto rimarrà in essere fino all’ultimazione delle lavorazioni necessarie (in genere fino la raccolta del prodotto) pertanto, i termini di riferimento non sono rappresentati dall’annata agraria, ma quelli propri del ciclo colturale del prodotto stagionale oggetto della coltivazione.
È necessario che entrambe le parti partecipino effettivamente alla coltivazione associata del fondo e la ripartizione del prodotto dovrà essere proporzionale all’effettivo apporto alla conduzione associata. Ad esempio, il concedente potrà sostenere le lavorazioni preliminari alla semina o trapianto (aratura, sistemazione del terreno e prima concimazione), mentre il compartecipante potrà eseguire personalmente o per mezzo di contoterzisti alcune delle operazioni colturali dalla consegna fino al raccolto.
La ripartizione del prodotto a titolo originario dovrà essere proporzionata all’apporto effettivo di ciascuna parte alla conduzione associata del fondo. Comunque, le parti possono liberamente definire i criteri di ripartizione del prodotto ottenuto. Si deve però escludere la possibilità di definire dei compensi fissi e predeterminati.
La ripartizione della produzione ottenuta si effettua in campo dopo le fasi di raccolta. Se le parti decidono di ripartire il prodotto in base alle rispettive quote di spettanza, ciascuno provvederà in proprio a commercializzarlo, emettendo regolare fattura di vendita oppure ad utilizzarlo direttamente all’interno della propria azienda (ad esempio: foraggio destinato all’alimentazione degli animali).
Considerando che la quota parte del prodotto viene attribuito alle parti a titolo originario, i proventi derivanti dalla vendita di tali prodotti verranno assorbiti nella determinazione del reddito su base catastale ai sensi di quanto previsto dall’art. 32 del TUIR.
Se, invece, le parti si accordano affinché il prodotto sia integralmente ceduto da una di esse, il prodotto sarà venduto dall’assegnatario che emetterà una fattura a proprio nome per l’intera produzione. Egli provvederà quindi a liquidare all’altra parte la quota di spettanza in danaro, conseguentemente sarà sufficiente emettere una ricevuta in quanto l’operazione è esclusa dal campo di applicazione dell’IVA (ex art. 2 del D.P.R. 633/1972).