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Nel caso in cui un soggetto rinunci al diritto di usufrutto, tale atto di rinuncia è soggetto all’applicazione delle imposte ipocatastali in misura proporzionale: così ha deciso la Cassazione, con la sentenza n. 2252 del 28 gennaio 2019.
Nel caso analizzato dai giudici di legittimità, il contribuente era titolare del diritto di usufrutto su un immobile, diritto a cui rinunciava successivamente.
A seguito di tale atto di rinuncia, il contribuente versava imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, valutando la rinuncia all’usufrutto come un atto abdicativo cui consegue l’estinzione del diritto e non il suo trasferimento.
Di parere opposto è stata l’Agenzia delle Entrate, la quale, con apposito avviso di liquidazione, si è attivata per il recupero delle maggiori imposte dovute: secondo l’Ufficio, infatti, l’imposta doveva essere determinata in maniera proporzionale.
Dopo i primi due gradi di giudizio, la controversia è giunta in Cassazione, dove i giudici di legittimità hanno confermato l’impostazione accolta da parte dell’Ufficio: in caso di rinuncia al diritto di usufrutto, la relativa imposta deve essere determinata in maniera proporzionale.
Secondo gli Ermellini, infatti, la rinuncia ad un diritto reale è equiparata, a livello fiscale, ad un trasferimento. Ciò si evince, secondo i giudici, anche dall’analisi della disciplina normativa:
Tale impostazione trova conferma anche in alcuni documenti di prassi come la risoluzione n. 25/2007 e la circolare n. 28/2008 dell’Agenzia, le quali hanno ribadito la natura traslativa della rinuncia ai diritti reali.
D’altronde, come evidenzia la Corte, la rinuncia al diritto di usufrutto “arreca al nudo proprietario un arricchimento identico a quello conseguito da chi riceve l’usufrutto”, risultando quindi pienamente assimilabile ad un atto traslativo.
In conclusione, riteniamo corretto evidenziare che se da un punto di vista fiscale la pronuncia della Cassazione ha affermato l’assimilabilità tra rinuncia e trasferimento del diritto reale, da un punto di vista civilistico lo studio del Notariato n. 216-2014/C ha, invece, sostenuto l’assenza di effetti traslativi della rinuncia.
Tale atto, secondo il richiamato studio, ha come effetto la sola perdita del diritto di usufrutto, con la conseguente riespansione del diritto di proprietà del nudo proprietario.