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Il 14 febbraio 2019 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il D.Lgs. 14/2019 rubricato “Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza” destinato ad entrare ufficialmente in vigore 30 giorni dopo la sua pubblicazione. È stato previsto un periodo transitorio di nove mesi per permettere alle società coinvolte nella riforma di uniformarsi alle nuove disposizioni, prevedendo come termine ultimo il 20 agosto 2020.
Importante novità apportata dal D.Lgs. 14/2019 è la soppressione del termine “Fallimento” sostituito con l’espressione “Liquidazione giudiziaria” al fine di salvaguardare la posizione sociale del debitore.
È stata inoltre prevista l’istituzione di un Albo dei soggetti a cui vengono dal Giudice attribuiti compiti di gestione e controllo nelle procedure d’insolvenza, i quali dovranno dimostrare non soltanto il possesso di requisiti di onorabilità, implicanti ad esempio l’assenza di condanne penali passate in giudicato o la mancata sottoposizione a misure di prevenzione, ma anche comprovata esperienza e conoscenza della materia fallimentare. L’obbligo di formazione dovrà essere assolto con cadenza biennale. È prevista la possibilità di accedere all’Albo altresì a coloro che alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 14/2019 dimostrino di aver svolto la funzione di curatore fallimentare, liquidatore o commissario giudiziale in almeno quattro procedure concorsuali negli ultimi quattro anni.
Il D.Lgs. 4/2019 attribuisce ampio spazio alle procedure di allerta finalizzate a prevenire l’insorgenza di una crisi d’impresa al fine di consentire un più facile rientro del dissesto.
La ratio è quella di anticipare l’emersione dello stato di crisi ed evitare conseguentemente che questo diventi irreversibile compromettendo inevitabilmente la continuità aziendale.
Più nello specifico l’allerta può essere sia interna che esterna. Nel primo caso spetta agli organi di controllo societari, vale a dire ai sindaci ed ai revisori, segnalare i fondati indizi circa una presumibile crisi d’impresa mentre nella seconda ipotesi tale compito grava sui creditori pubblici qualificati individuati nell’Agenzia delle Entrate, nell’Agenzia di riscossione del credito e nell’INPS.
La segnalazione va inoltrata via PEC o con altro mezzo idoneo a provarne l’avvenuta ricezione e deve contenere l’indicazione specifica delle misure adottate o pianificate dalla società al fine di scongiurare la crisi. In alternativa è dato all’organo amministrativo un termine perentorio non superiore a trenta giorni dall’avvenuta segnalazione per comunicare le iniziative intraprese per fronteggiare lo stato di crisi. Qualora dette iniziative non siano messe in atto nei successivi sessanta giorni, gli organi di controllo devono senza indugio informare l’Osservatorio Crisi e Risanamento delle Imprese (OCRI).
La tempestiva segnalazione all’OCRI esonera gli organi di controllo da eventuali contestazioni circa responsabilità per culpa in vigilando sugli atti gestori posti in essere dall’organo di amministrazione in data successiva a tale comunicazione in totale contrapposizione rispetto alle prescrizioni ricevute.
Gli indicatori della crisi sono costituiti da squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario e possono riguardare significati ritardi nei pagamenti di clienti e fornitori e/o nella retribuzione dei dipendenti oppure l’impossibilità di far fronte alla situazione debitoria per almeno i sei messi successivi all’insorgenza della problematica definita come il rapporto tra oneri finanziari e ricavi.
Altri indizi dello stato di crisi attengono al rapporto tra i flussi di cassa e l’attivo e quello tra l’attivo prontamente liquidabile e le passività a breve termine (cd. capitale circolante netto).
Le procedure di allerta sono applicabili ai debitori nell’esercizio di un’attività imprenditoriale ad eccezione delle grandi imprese e delle società con azioni quotate in mercati regolamentati.
Ne consegue che le procedure di allerta si applicano anche alle imprese agricole compatibilmente con la loro struttura organizzativa.
La segnalazione da parte dell’organo di controllo o del debitore va fatta ad un Organismo di conciliazione della crisi, istituito presso ciascuna Camera di Commercio, Industria, Artigianato o Agricoltura, il quale convoca prontamente tali soggetti per tentare di individuare nel breve termine una soluzione concordata tra i creditori e l’imprenditore con l’obiettivo di fronteggiare lo stato di crisi di quest’ultimo. Solo in caso di mancato accordo l’Organismo di conciliazione deve dichiarare lo stato di insolvenza dell’impresa e darne immediata comunicazione al Pubblico Ministero che avrà il compito di accertare tale insolvenza.
Si evince quindi l’intento della riforma teso a privilegiare le procedure di composizione assistita della crisi rispetto alla tradizionale procedura giudiziale. Le procedure di composizione assistita della crisi sono infatti inquadrabili alla stregua di misure protettive volte a preservare il patrimonio del debitore rispetto ad aggressioni da parte dei creditori durante la fase di espletamento di tali procedure.
A ciò si aggiunga che per il debitore, che abbia presentato tempestivamente l’istanza di segnalazione ad un organismo di conciliazione assistita della crisi o abbia comunque fatto domanda per accedere ad una procedura di regolazione della crisi, da cui sia scaturita la successiva apertura di una procedura di liquidazione giudiziale o di un concordato preventivo o a seguito di cui sia stato raggiunto un accordo di ristrutturazione dei debiti, è prevista l’applicazione della causa di non punibilità, purché contestualmente sia dimostrato che gli atti gestori dell’impresa abbiano prodotto un danno di speciale tenuità ossia abbiano avuto un’incidenza minima nei confronti del soddisfacimento dei creditori e dello stesso patrimonio aziendale.
In conclusione, è sempre opportuno per il debitore procedere alla tempestiva segnalazione degli indicatori di una potenziale crisi di insolvenza.
Avv. Stefania Avoni