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I giudici di Piazza Cavour si sono recentemente pronunciati sul tema concernente il soggetto preposto alla determinazione del valore venale dell’area fabbricabile operando un ribaltamento rispetto al precedente orientamento giurisprudenziale.
Qualche anno fa, la Corte di legittimità, con la sentenza n. 22254/2016, aveva infatti sostenuto che la delibera concernente il valore venale, per zone omogenee, dell’area fabbricabile emessa dal concessionario della riscossione avesse la medesima validità di quella comunale, senza necessità di essere motivata al fine di soddisfare il requisito proprio dell’atto impositivo. Tale potere regolamentare poteva pertanto essere dall’amministrazione locale delegato alla società concessionaria della riscossione.
Con l’ordinanza n. 11069 del 19 aprile del 2019, i giudici ermellini hanno, al contrario, stabilito che detta determinazione non compete al concessionario della riscossione nemmeno nell’ipotesi in cui quest’ultimo abbia ricevuto altresì l’incarico di svolgere l’attività di accertamento. Ciò, in quanto, questo onere incombe unicamente sull’Ente comunale.
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un contribuente avverso un accertamento della previgente imposta Ici in cui il valore venale dell’area fabbricabile era stato determinato dall’esattore anziché dal Comune. Il contribuente aveva impostato il proprio ricorso motivando il fatto che l’attività di determinazione del valore venale dell’area edificabile, così come prevista dall’art. 59, comma 1, lett. g) del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, non potesse essere delegata al concessionario della riscossione.
La norma sopra richiamata stabilisce infatti che spetti ai Comuni determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili. Lo scopo si rinviene nell’esigenza di ridurre il contenzioso e di limitare il potere di accertamento dell’amministrazioni locali qualora il contribuente abbia versato l’imposta tenuto conto di un valore comunque non inferiore a quello predeterminato dall’Ente comunale.
Detto in altri e più chiari termini, il Comune si riserva di non determinare il maggior valore dell’area edificabile nell’eventualità in cui il soggetto passivo di imposta abbia versato un tributo adeguandosi ai parametri approvati dall’amministrazione locale.
Calati tali principi nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha accolto il suddetto ricorso e cassato il provvedimento, rimettendo alla Corte territoriale di Roma il compito di rideterminare l’imponibile tenuto conto del valore venale stabilito dal competente Comune all’epoca dei fatti e quindi prima dell’inizio della causa.
La ratio si rinviene nel fatto che non esiste alcuna norma che permetta alle amministrazioni locali di delegare agli esattori il loro potere regolamentare consistente nella determinazione del valore venale dell’area fabbricabile, pur nell’eventualità in cui i soggetti preposti alla riscossione siano altresì affidatari dell’attività di accertamento.
Ne consegue che un atto di accertamento emesso dall’esattore sulla base delle proprie tabelle di valori sia affetto da nullità, che si propaga anche agli atti impositivi successivi e dipendenti, in quanto trattasi di valutazione di un terreno operata sulla base di un’illegittima determinazione dei valori venali.
Stefania Avoni, avvocato