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Negli ultimi tempi, al fine di contrastare la diffusa evasione fiscale derivante da attività sommerse e lavoro nero, non di rado direttamente riconducibili ad attività illecite o criminali, le attività finanziarie sono sempre più spesso sottoposte ad attenzioni da parte del legislatore.
Pertanto, al fine di migliorare l’analisi dei rischi e le attività ispettive nelle sue varie forme, con il D.L. n. 119/2018 è stato concesso alla Guardia di Finanza di poter utilizzare i dati contenuti nell’anagrafe dei conti correnti.
In origine, le prime comunicazioni all’anagrafe tributaria da parte degli intermediari finanziari, relative ai rapporti esistenti ed alla natura degli stessi, sono state previste dal D.L. n. 223/2006.
Successivamente, con il D.L. n. 201/2011, sono state fissate le modalità per la comunicazione delle informazioni relative ai saldi dei rapporti finanziari e ai dati aggregati delle movimentazioni, con l’evidenza dei totali dare e avere dei rapporti in capo al contribuente.
Pertanto, a seguito delle modifiche intervenute nel 2011, all’anagrafe tributaria sono comunicati i dati identificativi di ogni rapporto finanziario e il relativo codice univoco riferito ai soggetti che ne hanno la disponibilità (persona fisica e non), i dati per anno solare relativi ai saldi iniziali e finali del rapporto e gli importi totali delle movimentazioni distinti tra dare e avere di ogni singolo rapporto.
Tra i controlli messi in campo, grazie all’incrocio dei dati di natura finanziaria con quelli presenti nelle altre banche dati dell’Amministrazione, è prevista una particolare attenzione per quei soggetti che, pur avendo delle movimentazioni sui conti correnti, abbiamo omesso la presentazione della dichiarazione dei redditi o dell’IVA.
Anche la presenza di ingenti acquisti o di scostamenti dei saldi di conti correnti, se non compatibili con i redditi dichiarati, possono far scattare un alert.
L’attenzione è quindi focalizzata su conti correnti, depositi, obbligazioni, buoni fruttiferi, carte di credito e altri prodotti finanziari.
È importante precisare che, da questa prima fase di controlli incrociati da parte del fisco, saranno poi individuate delle liste di contribuenti da sottoporre a controlli più approfonditi.
Qualora dai controlli emergano delle incongruenze, il contribuente dovrà giustificare le anomale movimentazioni e gli incrementi finanziari.
In materia di accertamenti bancari, infatti, la giurisprudenza ritiene che, nel caso di accertamenti fondati su verifiche di conti correnti bancari, l'onere probatorio dell'Amministrazione è soddisfatto attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un'inversione dell'onere della prova, a carico del contribuente. Spetta quindi al contribuente dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili, dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili (Cass. sentenze n. 3441/2019; n. 4829/2015; n. 5758/2018).
Ricordiamo inoltre che, in base alla sentenza n. 228/2014, la Corte Costituzionale ha affermato che, tanto l’imprenditore quanto il professionista, hanno l’onere di provare l’estraneità dei versamenti effettuati ad attività imponibili. Tale onere, invece, non vale per i prelevamenti sui conti correnti effettuati esclusivamente per il professionista/lavoratore autonomo.