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pacchetto-ortofloro-plus Agricoltura sotto il tiro del Fisco. La Cassazione mette in discussione la determinazione catastale del reddito per gli allevamenti

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il caso trattato è indubbiamente particolare ma le conclusioni a cui è giunta la corte di cassazione con la sentenza n. 3487 depositata in data 14 febbraio 2014 sono a dir poco sconcertanti. secondo i giudici di legittimità l'attività di allevamento del bestiame non può essere considerata agricola ai fini fiscali, quindi i relativi redditi non possono essere determinati su base catastale ex art. 32 tuir, se l'allevamento non e' effettuato con mangimi ottenuti per almeno per un quarto di quelli necessari per l'alimentazione del bestiame, dai terreni dell'azienda. in sostanza, secondo i giudici di legittimità l’allevamento di animali può essere fiscalmente inquadrato in agricoltura solo se sui terreni dell’azienda agricola si coltivano almeno ¼ dei mangimi effettivamente necessari all’alimentazione del bestiame allevato. l’orientamento espresso nella citata sentenza è a dir poco errato, poiché si pone in netto contrasto con la disciplina normativa dettata dallo stesso art. 32 comma 1 lett. b) del tuir, in base al quale: “sono considerate attività agricole: b) l'allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreni” nonché in piena contrapposizione con la circolare ministeriale n. 150/1978 che invece stabilisce che il regime naturale per gli allevatori sono i parametri. contrariamente a quanto sostenuto dalla cassazione il legislatore con il termine “ottenibili” ha evidentemente voluto riferirsi alla necessità di condurre terreni agricoli solo potenzialmente idonei a produrre almeno ¼ dei mangimi necessarie all’allevamento, con la conseguenza che nei terreni necessari a “coprire” gli animali allevati possono essere coltivati anche prodotti non destinati all’alimentazione del bestiame. seguendo l’orientamento della corte si giungerebbe a delle conclusioni a dir poco aberranti, in base alle quali se l’allevamento non è effettuato con mangimi direttamente prodotti nei terreni condotti dall’azienda il reddito che eccede detto limite sarebbe qualificato come reddito d'impresa. purtroppo la sentenza in commento denota una interpretazione distorta della normativa, frutto della scarsa conoscenza della fiscalità in agricoltura. inoltre la sentenza conferma un concetto già più volte trattato anche dal nostro ufficio studi relativo all’obbligatorietà di tenere il registro di carico e scarico degli allevamenti ribadendo che “l'inottemperanza a detto obbligo determina l'inattendibilità della contabilità aziendale, ponendo a carico del contribuente l'onere di provare i fatti impeditivi o estintivi dell'accertamento effettuato dall'ufficio (cass. 22582/2006, 6751/2010)”. simili orientamenti non fanno altro che destabilizzare un settore già gravato dalla forte crisi economica, da una burocrazia incomprensibile e da una severa legge di mercato. ©riproduzione riservata
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