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La domanda di pellet, utilizzato come combustibile per l’alimentazione di stufe e caldaie, ha subito un incremento notevole negli ultimi anni. Il mercato italiano si conferma come il più importante a livello europeo con una crescita dei consumi di circa il 25% annuo. Tale incremento di domanda, è stato soddisfatto dall’importazione dai mercati europei ed extra Ue, poiché la produzione italiana soddisfa solamente il 10% della domanda totale del nostro paese.
Il mercato dei pellet rappresenta ormai una importante risorsa per il nostro paese; pertanto i nostri esperti hanno ritenuto opportuno fornire alcuni chiarimenti in merito all’inquadramento fiscale in agricoltura di tale prodotto.
Requisito essenziale al fine di poter inquadrare fiscalmente il pellet nell’ambito delle attività agricole (56 bis TUIR) è il rispetto del requisito della prevalenza. E’ quindi necessario che i pellet vengano prodotti attraverso l’utilizzo di materie prime (ad esempio pioppelle) derivanti in misura prevalente dall’esercizio dell’attività agricola principale (51%).
I pellet non sono inseriti nell’elenco di cui al D.M. del 17 giugno 2011, quindi deve escludersi l’applicazione della determinazione del reddito su base catastale (art. 32 del TUIR), ma se viene rispettato il requisito della prevalenza si ritiene che i redditi derivanti dalla loro commercializzazione possano essere assoggettati alla disciplina di cui all’art. 56 bis del TUIR che prevede l’applicazione di un coefficienti di redditività del 15%. Si precisa che nel caso di mancato rispetto del requisito della prevalenza il reddito prodotto costituirà reddito di impresa da determinarsi analiticamente ai sensi di quanto previsto dall’art. 56 del TUIR.
Ai fini IVA, l’attività di vendita del pellet da ardere è assoggettabile all’aliquota ridotta del 10% in quanto si ritiene che debbano essere inseriti nella lista dei prodotti di cui alla Tabella A – Parte III n. 98) allegata al D.P.R. n. 633/72.