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pacchetto-ortofloro-plus Se l'acquisto di quote societarie è finalizzato alla compravendita di beni immobili può essere considerata una operazione elusiva

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con la sentenza 653/2014 la corte di cassazione ha considerato elusiva l’operazione di acquisto di quote societarie con lo scopo di divenire proprietari di beni immobili. la vicenda trae origine dall’accertamento emesso dall’amministrazione finanziaria nei confronti di una società volto al recupero dell’iva dovuta per l’acquisto, da parte di quest’ultima, delle quota di una srl, mediante le quali di fatto acquisiva la proprietà di beni immobili. nello specifico, la società contribuente (avente per oggetto la compravendita di beni immobili), aveva stipulato alcuni contratti preliminari di compravendita mediante i quali avrebbe potuto acquistare definitivamente la proprietà di terreni o attraverso l’acquisto diretto degli stessi o con la compravendita di quote societarie della srl cedente. circostanza, quest’ultima, che si è realmente concretizzata in sede di stipula dell’atto definitivo. l’amministrazione finanziaria lamentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della legge n. 408 del 1990, in quanto l’acquisto di terreni da parte di una società immobiliare, effettuato mediante cessione di quote esente da iva, è volta al solo risparmio di imposta, pertanto integra un’operazione elusiva. la sentenza in commento evidenzia il fine elusivo dell’intera operazione, dando per acquisito che lo scopo reale delle società, peraltro non ancora costituite all’epoca della stipula degli atti preliminari, era la compravendita di terreni (resa manifesta più volte in sede di stipula dei contratti preliminari) e che la cessione di quote è priva di qualsivoglia ragione giustificatrice economicamente apprezzabile, diversa dal risparmio dell’imposta. inoltre, secondo la corte, non assume nessun valore il fatto che, all’epoca dell’atto della stipula del preliminare, la disposizione portata dall’art. 10 della legge 408 del 1990 non fosse ancora entrata in vigore. sul punto, la cassazione richiama la sentenza della corte di giustizia n. c-255/02 del 2006, secondo cui, perché si possa parlare di pratica abusiva occorre che si verifichino due condizioni: “da un lato le operazioni devono, nonostante l'applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della direttiva iva e della legislazione nazionale che la traspone, procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sia contraria all'obbiettivo perseguito da queste operazioni. dall'altro, deve risultare da un insieme di elementi oggettivi che lo scopo essenziale dell'operazione controversa è l'ottenimento di un vantaggio fiscale". alla luce di ciò, è immanente nel nostro ordinamento il principio, di origine costituzionale, secondo cui il contribuente non può trarre indebiti vantaggi fiscali dall’utilizzo distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale. ©riproduzione riservata
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