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L’art. 1 comma 156 della legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014) ha previsto la possibilità rideterminare i valori di acquisto dei terreni edificabili e a destinazione agricola.
Tale comma ha stabilito che la rivalutazione è consentita per i terreni posseduti dal primo gennaio 2014, mentre la relazione di stima deve avvenire entro il 30 giugno.
Entro detto termine, i contribuenti dovranno provvedere al versamento dell’imposta sostitutiva dell’Irpef, stabilita in misura del 4% del valore della perizia. Tale importo potrà essere versato in un’unica soluzione entro il 30 giugno tramite modello F24, o in tre rate annuali maggiorate dell’interesse del 3%, con scadenza della prima sempre il 30 giugno.
Tale operazione consente di diminuire l’eventuale plusvalenza realizzata nel momento in cui il terreno viene venduto, così da ridurre il “reddito diverso” generato da tale operazione, tassabile ai sensi dell’art. 67 del Tuir.
Le problematiche legate alla rivalutazione hanno creato un ingente contenzioso con l’Amministrazione Finanziaria, dando origine ad alcune interessanti pronunce giurisprudenziali.
I Giudici della Commissione Tributaria Provinciale di Brescia con la sentenza n. 112/65/13 hanno stabilito che la rivalutazione deve intendersi comunque efficace anche se nella perizia non viene riportata la data di possesso del bene (per la rivalutazione attuale 1 gennaio 2014). Nei fatti il collegio di Brescia ha respinto la pretesa dell’Ufficio che considerava inefficace una perizia di rivalutazione che non riportava il riferimento all’art. 7 legge 448/2001 (finanziaria 2002) e l’attestazione che il valore dei beni si riferiva al 1 gennaio 2001.
Un’altra sentenza che merita di essere segnalata è la n. 106/65/2013 con cui la CTR di Brescia, ha rigettato l’appello dell’ufficio, ritenendo valida la rivalutazione di un’area fabbricabile il cui prezzo di vendita era di poco inferiore al valore indicato nella perizia stessa. Secondo i giudici della Commissione Tributaria Regionale, la controversia deve essere valutata considerando che l’art. 7 della legge 448/2001 non contempla alcuna decadenza automatica dall’agevolazione.
Alla luce di tali considerazioni il Collegio di Brescia ha disatteso la rigorosa interpretazione offerta dall’Agenzia con la circolare 15/E/2002, paragrafo 2, in base alla quale se il bene viene venduto ad un prezzo inferiore al valore di perizia, sono applicabili le norme ordinarie per la determinazione della plusvalenza.
La sentenza in commento è indubbiamente favorevole al contribuente, ma non bisogna dimenticare che è del tutto sconsigliabile vendere un appezzamento di terreno ad un prezzo più basso di quello indicato nella perizia di rivalutazione. Infatti, al fine di evitare un sicuro contenzioso con l’Ufficio, peraltro, dall’esito incerto, è sempre opportuno effettuare una ulteriore rivalutazione al ribasso al fine di allineare il valore a quello di compravendita.
Infine, la medesima commissione, con le sentenze 104/65/13 e 105/65/13, ha ritenuto la rivalutazione idonea a produrre effetti anche in materia di Ici.
Infatti, i giudici di secondo grado hanno rigettato il ricorso del contribuente evidenziando che la perizia di rivalutazione è l’unico parametro valido al fine della determinazione della base imponibile ICI (tale principio potrebbe essere applicato dai Comuni anche ai fini IMU e dovrebbe estendersi anche alla TASI).
Si tratta esclusivamente di un orientamento giurisprudenziale, peraltro poco condivisibile, ma potrebbe determinare importanti conseguenze, soprattutto per quanto concerne il recupero della maggiore imposta da parte dei Comuni.
Pertanto, nell’ipotesi in cui il valore di rivalutazione sia sproporzionato rispetto all’attuale valore di mercato, potrebbe essere consigliabile valutare la possibilità di effettuare una ulteriore rivalutazione al ribasso.