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L’esproprio per pubblica utilità, disciplinato dal D.P.R. 327/2001, prevede la privazione dei beni di proprietà solamente per causa di pubblico interesse e solamente a fronte di una giusta indennità.
Tale indennità corrisposta al possessore del terreno può produrre una plusvalenza imponibile (differenza tra valore di acquisto e l’indennità ricevuta per l’espropriazione).
Nello specifico, per l’espropriazione dei terreni situati nelle zone omogenee di tipo A, B, C, D, la plusvalenza realizzata genera reddito diverso imponibile in base all’art. 67, comma 1, lett. b), del Tuir.
Sono invece escluse da imposizione le plusvalenze realizzate in riferimento ai terreni ricadenti nelle zone omogenee di tipo E (agricole) e tipo F.
In merito alle predette zone A, B, C, D, risultano tassabili anche le indennità temporanee di occupazione.
In riguardo alle indennità di esproprio, la somma corrisposta è soggetta a ritenuta a titolo di imposta nella misura del 20%, applicata dal soggetto erogante, e deve essere calcolata sull’intera somma.
Se il contribuente decide di adottare questo tipo di tassazione, non vi è l’obbligo di inserire in dichiarazione dei redditi la somma ricevuta come indennità.
Nel caso contrario, in cui il contribuente decida di optare per la tassazione della plusvalenza, essa deve essere indicata nel quadro RM sezione II. In questo caso viene applicata la tassazione separata, fermo restando che rimane comunque possibile la tassazione ordinaria. In questo ultimo caso la ritenuta versata può essere recuperata in sede di dichiarazione.
Si ritiene che la tassazione ordinaria non sia conveniente rispetto alla tassazione separata, fatta salva l’eccezione in cui il contribuente non abbia provveduto a rivalutare il terreno e il valore risultante dalla perizia sia di poco inferiore o uguale all’indennità percepita.