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In linea con quanto più volte ribadito anche dai nostri esperti, il redditometro si applica anche ai produttori agricoli che però possono provare la legittimità della provenienza del denaro attraverso la contabilità Iva.
Questo è stato il verdetto emesso dalla Corte di cassazione, con la sentenza n. 10747 in data 16 maggio 2014.
La questione è iniziata con un accertamento sintetico (redditometro) emesso nei confronti di un contribuente coltivatore diretto.
Il provvedimento è stato impugnato dinanzi alle varie Commissioni Tributarie sostenendo che l’ufficio avrebbe dovuto provare l'esistenza di redditi diversi da quello agrario.
Inoltre, il contribuente a sostegno delle sue tesi presentava anche una perizia dalla quale emergevano le potenzialità dei fondi coltivati.
Sia la commissione tributaria Provinciale che Regionale ha però respinto i ricorsi presentati.
La Cassazione ha confermato il verdetto dei colleghi di primo e secondo grado affermando che il redditometro è applicabile anche al coltivatore diretto ancorchè in presenza di soli redditi agrari.
Infatti, spetta al contribuente provare che i redditi effettivi frutto dell’attività agricola, siano sufficienti a giustificare il proprio tenore di vita.
La sentenza però introduce un interessante principio che noi abbiamo sempre sostenuto e cioè che una valida prova contraria possono essere i registri Iva accompagnati da un semplice bilancio (conto economico) che non sempre gli uffici ritenevano idonei alla difesa.