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Così come stabilito dall’ art. 16 del TUS, la base imponibile su cui applicare l’imposta di successione, relativamente alle quote sociali comprese nell'attivo ereditario, è determinata assumendo, per le quote di Srl, “il valore proporzionalmente corrispondente al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto della società risultante dall'ultimo bilancio pubblicato […], tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti”.
Nonostante il tenore letterale della norma, di facile interpretazione, sul punto sono sorti, negli anni, non pochi dubbi, che hanno portato i Giudici di legittimità a prendere orientamenti differenti.
Il tema di cui si è dibattuto riguarda le voci di bilancio da considerare per determinare la base imponibile e, nello specifico, ci si è domandati se la voce del patrimonio netto “risultato di periodo” (ottenuta redigendo un bilancio infrannuale alla data del decesso del de cuius) costituisse “mutamento” di cui tenere conto oppure se si dovessero considerare solo le variazioni del capitale sociale e delle riserve risultanti dall’ultimo bilancio depositato.
Sul punto vi sono due orientamenti contrapposti. Da un lato vi è chi sostiene che in sede di determinazione della base imponibile gli unici mutamenti da considerare siano quelli costituiti da “eventi eccezionali e imprevedibili” da correlare alle poste del bilancio, ossia quelli in grado di incidere definitivamente sul valore della base imponibile.
Stando a quanto sostenuto da questa prima tesi, ciò che rileva è esclusivamente il valore del patrimonio netto secondo l’ultimo bilancio regolarmente approvato, senza considerare le risultanze tratte da documenti diversi, quali un “bilancio infrannuale” non regolarmente approvato, o la distribuzione di utili e dividendi avvenuta in violazione delle norme a tutela dell’integrità del capitale sociale ex art. 2303 del Codice Civile (Cassazione 11 dicembre 2015, n. 25007).
Di tutt’altro avviso è chi ritiene che nell’alveo dei “mutamenti sopravvenuti” debbano essere ricompresi tutti quegli elementi in grado di rendere il bilancio adeguato a rappresentare fedelmente il patrimonio della società al momento della morte del socio.
Tale orientamento giurisprudenziale (Cass. 17062 del 10 luglio 2013), ancorché fondato su principi riguardanti l’imposta di donazione, sostiene che “il valore del patrimonio netto della società risultante dall’ultimo bilancio può essere incrementato, o ridotto, in ragione dei mutamenti sopravvenuti tra la data di chiusura dell’esercizio al quale il bilancio si riferisce e la data della donazione, potendosi anche utilizzare le risultanze di un successivo bilancio, antecedente alla data della donazione, ancorché approvato in epoca successiva.”
Quest’ultima posizione è stata poi avvalorata anche da una recente pronuncia della Corte suprema (Cass. 11467 dell’8 aprile 2022) secondo cui “in tema d’imposta sulle donazioni e successioni, ai fini della determinazione della base imponibile relativamente ad azioni o quote di società comprese nell’attivo ereditario, ai sensi dell’articolo 16, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 346/1990, in attuazione dei principi del giusto processo e della parità delle parti di cui al nuovo testo dell’articolo 111 della Costituzione, deve essere riconosciuta anche al contribuente, oltre che all’Amministrazione Finanziaria, la possibilità sia di offrire prova contraria rispetto al criterio legale del dato contabile risultante dal bilancio approvato, sia di provare la sussistenza di eventi sopravvenuti all’approvazione ed antecedenti al decesso, che abbiano mutato quei valori”.
In buona sostanza, la tesi secondo cui tra i mutamenti sopravvenuti debbano essere ricompresi tutti gli elementi modificativi del risultato di bilancio (compreso il “risultato di periodo” calcolato alla data del decesso), e quindi non soltanto gli eventi eccezionali e imprevedibili, appare in linea con la ratio dell’art. 16 del TUS, che pare essere orientata a rappresentare il valore reale delle partecipazioni societarie, nella logica della corretta individuazione della capacità contributiva.
D’altronde è illogico pensare che tra la data di approvazione del bilancio e quella di apertura della successione non si verifichino “mutamenti”, in aumento o in diminuzione, nei valori del patrimonio netto, in grado di alterare il valore delle quote sociali ereditate e, quindi, mutare l'idoneità economica degli eredi.
Alla luce di quanto detto, quindi, in sede di determinazione del valore della quota di partecipazione da riportare nella dichiarazione di successione, sembra che l’orientamento preponderante consenta di tenere conto del risultato di periodo (calcolato redigendo un bilancio infrannuale), oltre che dei mutamenti delle voci di capitale sociale e riserve risultanti dall’anno precedente.