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L’Amministrazione Finanziaria che non adotta il provvedimento di accoglimento o di rigetto dell’istanza di autotutela entro i termini per la proposizione del ricorso (60 giorni dalla notifica dell’avviso) potrebbe essere condannata a versare al contribuente un indennizzo per aver instaurato un giudizio che poteva essere evitato.
Questi sono i principi espressi dai Giudici di merito della Commissione Tributaria Provinciale di Campobasso che con la sentenza n. 195 del 6 giugno 2014 hanno ribadito un orientamento già espresso dalla Corte di Cassazione (Sentenza 5120/2011 e Sentenza 698/2010).
Il pronunciamento è particolarmente interessante, poiché tutela il contribuente dagli ingiustificati ritardi della pubblica Amministrazione. Del resto se un avviso di accertamento è viziato da un errore tale da indurre l’amministrazione ad annullarlo, è essenziale che il relativo provvedimento di autotutela sia emesso prima del termine per la preposizione del ricorso, altrimenti il contribuente sarebbe costretto ad instaurare un giudizio ed a sostenere le relative spese, solo al fine di evitare che un atto palesemente illegittimo diventi definitivo.
Il ritardo nell’adozione del provvedimento genera indubbiamente un danno economico al contribuente che l’Amministrazione Finanziaria può essere costretta a risarcire, ai sensi di quanto previsto dai generali principi di risarcimento del danno di cui all’art. 2043 del Codice Civile. Si ricorda, però, che al fine di vedersi riconosciuto il relativo risarcimento danni è comunque necessario instaurare il relativo giudizio civile ed attendere i lunghissimi tempi della giustizia ordinaria.