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La Corte di Cassazione, con la sentenza 5979 dello scorso 14 marzo, ha offerto una interessante interpretazione in merito all’operatività delle disposizioni che regolano la responsabilità del cessionario per i debiti tributari contratti dal cedente prima dell’atto di cessione d’azienda.
Il nostro ordinamento giuridico prevede una serie di disposizioni che regolano la responsabilità dell’acquirente nei confronti dei debiti contratti dal cedente; ciò al fine di evitare che a causa del trasferimento d’azienda vengano meno le garanzie patrimoniali per i creditori.
Tale obiettivo viene raggiunto tramite l’introduzione di una solidarietà dell’acquirente dell’azienda sui debiti del cedente.
Il principio è sancito civilisticamente dall’art. 2560 del c.c., a norma del quale l’acquirente dell’azienda risponde dei debiti del cedente, anche se non sono stati trasferiti con l’atto di cessione, ma a condizione che essi risultino dai libri contabili.
Pertanto, risulta fondamentale per l’acquirente l’attenta analisi dei libri contabili, poiché, nel caso in cui i debiti non risultino da tali scritture, essi non ricadranno nella responsabilità dell’acquirente.
La situazione è diversa per quanto concerne l’ambito fiscale, in quanto la normativa civilista è superata da una disposizione di carattere speciale contenuta nell’art. 14 del D.Lgs. 472/1997.
Il richiamato art 14 stabilisce, infatti, che: “1. Il cessionario è responsabile in solido, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell'azienda o del ramo d'azienda, per il pagamento dell'imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell'anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore.
2. L'obbligazione del cessionario è limitata al debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli uffici dell'amministrazione finanziaria e degli enti preposti all'accertamento dei tributi di loro competenza.
3. Gli uffici e gli enti indicati nel comma 2 sono tenuti a rilasciare, su richiesta dell'interessato, un certificato sull'esistenza di contestazioni in corso e di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti. Il certificato, se negativo, ha pieno effetto liberatorio del cessionario, del pari liberato ove il certificato non sia rilasciato entro quaranta giorni dalla richiesta .
4. La responsabilità del cessionario non è soggetta alle limitazioni previste nel presente articolo qualora la cessione sia stata attuata in frode dei crediti tributari, ancorché essa sia avvenuta con trasferimento frazionato di singoli beni.
5. La frode si presume, salvo prova contraria, quando il trasferimento sia effettuato entro sei mesi dalla constatazione di una violazione penalmente rilevante.”.
Ai fini fiscali, in deroga alla normativa civilistica, il richiamato art. 14 stabilisce che la responsabilità dell'acquirente per i trasferimenti di azienda (non in frode all'Erario) può essere limitata se l'acquirente richiede all'amministrazione finanziaria il certificato che attesti le violazioni contestate alla data del trasferimento e, nel caso in cui il certificato non presenti contestazioni, oppure non venga rilasciato entro 40 giorni, scatta l'effetto liberatorio per l'acquirente. Inoltre, il comma 2 del citato articolo stabilisce che l'obbligazione del cessionario è limitata al debito risultante alla data del trasferimento dagli atti degli uffici dell'amministrazione finanziaria e degli enti preposti all'accertamento dei tributi di loro competenza.
Orbene, il passaggio più importante della richiamata sentenza interviene proprio sull’interpretazione delle due previsioni normative sopra riportate. I Giudici di legittimità hanno infatti stabilito che la limitazione di cui al comma 2 sono applicabili solo nell’ipotesi in cui sia stato richiesto dal contribuente il certificato all’Amministrazione finanziaria. Pertanto, se tale adempimento non viene posto in essere, il cessionario può essere chiamato a rispondere dei debiti tributari del cedente relativi a violazioni che questi abbia commesso nell’anno di cessione e nei due anni antecedenti, anche se tali violazioni ancora non siano state constatate.