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pacchetto-ortofloro-plus Esportazioni indirette non imponibili anche se sono decorsi 90 giorni dalla consegna al cessionario

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l’agenzia delle entrate, con la risoluzione 98 del 10/11/2014, ha fornito i chiarimenti in relazione all’interpretazione di quanto disposto dall’art. 8, lettera b) del d.p.r. 633/72 a seguito della sentenza del 19 dicembre 2013, nel procedimento c-563/12 della corte di giustizia europea. l’art. 8 citato stabilisce che le esportazioni indirette possono godere della non imponibilità a condizione che i beni escano dal territorio comunitario entro 90 giorni dalla consegna al cessionario non residente e che, qualora non si acquisisca la prova dell’avvenuta esportazione, o che quest’ultima avvenga dopo 90 giorni prescritti, il contribuente è tenuto a regolarizzare l’operazione entro i successivi 30 giorni dallo scadere dei 90 giorni. l’amministrazione finanziaria, prima dell’interpretazione fornita ieri, sosteneva che nel momento in cui la merce fuoriesce dal territorio dell’ue oltre i 90 giorni previsti, l’operazione è imponibile, a nulla rilevando la circostanza che la merce sia stata comunque esportata. la citata sentenza della corte di giustizia esaminava la legittimità del termine dei 90 giorni previsto dalla legislazione ungherese, ai fini della detassazione delle cessioni all’esportazione di cui all’art. 146, par. 1, lett. b), della direttiva n. 2006/112/ce, e in generale alla possibilità per i singoli stati membri di vincolare l’esenzione dell’operazione ad un termine per il trasferimento fisico dei beni all’estero alla luce del fatto che l’articolo della direttiva sopra citato non prevede una condizione in base alla quale il bene destinato all’esportazione debba lasciare il territorio dell’unione entro un termine ben preciso. la corte di giustizia ha affermato che “le esenzionipreviste ai capi da 2 a 9 del titolo ix di tale direttiva, di cui fa parte l’articolo 146 della stessa,si applicano alle condizioni che gli stati membri stabilisconoper assicurare la corretta e semplice applicazione delle medesime esenzioni eper prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso”, con il solo limite che “gli stati membri devono far ricorso a mezzi che, pur consentendo di raggiungere efficacemente l’obiettivo perseguito dal diritto interno,portino il minor pregiudizio possibileagli obiettivi e ai principi stabiliti dalla normativa dell’unione” e che “anche se è legittimo che i provvedimenti adottati dagli stati membri tendano a preservare il più efficacemente possibile i diritti dell’erario, essinon devono eccedere quanto è necessarioa tal fine”. per quanto sopra citato, il fatto che “una cessione di beni destinati all’esportazione sia assoggettata all’imposta in forza di una normativa come quella di cui al procedimento principale, qualora il bene in questione non abbia lasciato il territorio dell’unione entro il termine previsto dalla stessa, non comporta, di per sé, che tale normativa debba essere ritenuta non proporzionata”, se l’operazione non soddisfa le condizioni di cui all’art. 146 entro un termine ragionevole stabilito dalla normativa nazionale. tuttavia, la corte, pur riconoscendo la presenza di un termine al fine della verifica dell’uscita del bene dal territorio comunitario, ha ritenuto che ““una normativa nazionale (.) che assoggetta l’esenzione all’esportazione a un termine di uscita, con l’obiettivo, in particolare, di lottare contro l’elusione e l’evasione fiscale,senza per questo consentire al soggetto passivo di dimostrare, al fine di beneficiare di tale esenzione, che la condizione è stata soddisfattadopo lo scadere di tale termine, esenza prevedere un diritto del soggetto passivo al rimborso dell’iva già corrispostain ragione del non rispetto del termine,qualora fornisca la provache la merce ha lasciato il territorio doganale dell’unione,eccede quanto necessario per il conseguimento di detto obiettivo”. in sostanza la corte contesta la previsione della normativa nazionale che neghi il beneficio della non imponibilità, nonostante sia possibile dimostrare l’uscita dei beni dal territorio doganale dell’unione, anche dopo lo scadere del predetto termine e di non consentire il recupero dell’iva corrisposta in sede di regolarizzazione. l’agenzia, prendendo atto dell’orientamento della corte, ammette con la r.m. 98/2014 che il regime di non imponibilità, proprio delle esportazioni, si applichi sia nell’ipotesi in cui il bene sia esportato entro i 90 giorni, ma il cedente ne acquisisce le prove oltre il termine dei 30 giorni, sia quando il bene esce dal territorio dello stato dopo che siano decorsi i termini, purché sia acquisita la prova dell’avvenuta esportazione. inoltre, viene ammessa la recuperabilità dell’iva nel frattempo versata in sede di regolarizzazione, o mediante una nota di variazione entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale relativa al secondo anno successivo a quello in cui è avvenuta l’esportazione, oppure mediante istanza di rimborso entro il termine dei due anni dal versamento o dal verificarsi del presupposto. infine, evidenziamo che il contribuente potrà decidere di non versare l’imposta, qualora la merce risulti esportata oltre i 90 giorni, ma, comunque entro i 30 giorni riesca a procurarsi la prova dell’avvenuta esportazione. ©riproduzione riservata
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